San Paolo enumera alcuni frutti dello Spirito Santo: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).
Il contesto in cui ricorre questa presentazione dei frutti dello Spirito è quello della lotta tra la carne e lo spirito. Infatti, prima della enumerazione dei frutti dello Spirito, san Paolo enumera “le opere della carne”: «Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, dissolutezze, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere» (Gal 5,19-21). E immediatamente prima l’Apostolo aveva esortato: «Camminate secondo lo Spirito» (Gal 5,16).
È importante precisare che nel linguaggio paolino l’opposizione “carne-spirito” non equivale all’opposizione “corpo-anima”, ma il termine “carne” significa il principio che regola la vita dell’“uomo vecchio”, pieno di concupiscenze e voglie terrene, mentre il termine “spirito” è il principio che regola la vita dell’“uomo nuovo”, condotto dallo Spirito di Cristo.
Per la maturazione di questi frutti dello Spirito è richiesta anche l’opera dell’uomo: essi sono il risultato di una collaborazione tra la grazia e la libertà.
I frutti dello Spirito sono frutti “cristologici”, dicono, cioè, rapporto strettissimo a Cristo. Gesù aveva detto: «Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto» (Gv 15,5). E ancora: «In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto» (Gv 15,8). Gesù è la “vite”, lo Spirito Santo è la “linfa”, grazie alla quale i discepoli, che sono i “tralci”, portano molto frutto.
Mons. Giuseppe Greco