Vino Nuovo – Commento al Vangelo di domenica 22 Dicembre 2019

Giuseppe ci dice che disinnescare i conflitti, non alimentare rabbia e frustrazione sono vie per incontrare il Dio-con-noi, come accade anche a Jack, personaggio di un celebre romanzo di Ken Follet.

Il Vangelo di quest’ultima domenica di Avvento ci indica una strada per conoscere il Dio-con-noi: è la via di Giuseppe, uomo «giusto», uomo buono, uomo silenzioso.
Immagino Giuseppe nel momento in cui scopre che Maria porta una maternità non sua: quale ferita, quale delusione, quale rabbia avranno preso il suo cuore? Eppure, con un moto di misericordia che corrisponde al suo animo, egli toglie legna al fuoco del rancore, disinnesca il conflitto: decide di ‘licenziare’ nel segreto Maria. Non urla la sua frustrazione, non colpisce con la sua collera. Immaginandosi tradito, non domanda l’intervento della dura giustizia del tempo, ma segue un altro sentiero: è quello della bontà silenziosa e del bene non gridato, che però hanno un prezzo assai alto.
Eppure, nel momento in cui Giuseppe toglie acqua al mulino della sua pur legittima frustrazione, nell’istante in cui prende congedo dalla paternità sperata, giunge la parola del mistero, che nuovamente lo integra come padre e custode, come marito e come uomo non più tradito, ma scelto per una vita unica.
Questa, mi pare, potrebbe essere la strada che Giuseppe indica a noi: non alimentare il rancore, non pretendere soddisfazione immediata, non dimenticare la bontà anche quando essa può apparire debolezza. Così, solo così, potremo allora sentire la parola per noi, potremo incontrare il Dio che cammina con noi, sfiorando anche il mistero che non ci abbandona mai. E di nuovo così, solo così, potremo forse godere pienamente dei nostri giorni, dando valore a quello che ci abita, a ciò che costituisce il nostro essere in cammino, a ciò che nutre i nostri semplici passi, senza diventare preda di ambizioni sfrenate, invidie mortifere e gelosie distruttrici.
In fondo, un uomo all’apparenza tradito, nel momento in cui agisce con bontà e umiltà, diventa custode del mistero.

Sono pensieri che mi riportano a un passo di un celebre libro di Ken Follet, I pilastri della terra, considerato il capolavoro dell’autore inglese.
Qui, verso la fine della lunga narrazione, uno dei protagonisti, Jack, incontra Waleran Bigod, prima vescovo divorato dalla sete di potere e successo, ma ora, alla fine della vita, sconfitto monaco in cerca di penitenza e misericordia. Bigod, misurando la portata della sua disfatta esistenziale, sente il bisogno di raccontare a Jack il motivo che ha provocato la morte di suo padre, che apre il romanzo. Egli confessa la sua responsabilità, poiché ha condotto al patibolo un uomo innocente, mentendo e giurando il falso.
Tuttavia Jack, sorprendendo il religioso, non compie nessuna vendetta: lascia il vecchio macerarsi nel suo fallimento, comprende che la vita di Waleran è stata semplicemente una continua scalata rosa da un brama che lo ha distrutto: una vita sprecata, una vita completamente gettata via.

Si alzò. Erano avvenimenti troppo lontani per farlo piangere. Erano accadute tante cose da allora, e molte erano state cose belle.
Guardò il vecchio triste seduto sulla panca. Per ironia del destino, adesso era Waleran, colui che soffriva l’amarezza del rimpianto. Jack lo commiserava. Doveva essere terribile, pensava, essere vecchio e sapere di aver sprecato la propria vita. Waleran alzò la testa e i loro sguardi s’incontrarono per la prima volta. Waleran trasalì e girò il viso come se fosse stato schiaffeggiato. Per un momento Jack riuscì a leggergli nella mente, e comprese che aveva visto l’espressione di pietà nei suoi occhi.
E per Waleran, la pietà dei suoi nemici era l’umiliazione più grande.

Disinnescare il conflitto, non dare spazio alla violenza: Jack si muove su questa strada, avendo persino pietà per il responsabile della morte del padre. In questo modo può arrivare a leggere quanto di bello ha modulato i suoi anni. Al contrario, chi è preda dell’ambizione senza freni è triste, abitato da rimpianti, con la terribile certezza di «aver sprecato la propria vita».

A pochi giorni dal Natale potremmo fermarci un istante e chiederci quali vie prendiamo ogni giorno: la via di Giuseppe, uomo buono e giusto, capace di non dare forza al risentimento, oppure altre vie che conducono a esistenze dilapidate…
In fondo, la bontà non è solo retorica natalizia, ma è un modo che il Dio-con-noi ci indica per dare valore al nostro tempo, sempre percorso da un’attesa di bene.

Fonte: Vinonuovo


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