La trasfigurazione anticipo della Pasqua II Domenica di Quaresima L’episodio della Trasfigurazione narrato dal Vangelo di Marco si inserisce molto bene nell’itinerario di conversione proposto dalla quaresima.
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Il volto trasfigurato, le vesti splendenti, la nube e la voce celeste svelano che il cammino di Gesù verso la Croce nasconde un significato pasquale. Quest’uomo incamminato verso la Croce è in realtà il Signore risorto e glorioso. L’episodio ha uno scopo ben preciso: rivelare ai discepoli disorientati il senso profondo e nascosto del cammino di Gesù. Essi hanno già capito che Gesù è il Messia e già si sono persuasi che la sua strada conduce alla Croce, ma non riescono a capire che la Croce nasconde la gloria. Per questo hanno bisogno di un’esperienza, seppure fugace e provvisoria: hanno bisogno che il velo si sollevi. Nel cammino nell’itinerario di fede dei discepoli possiamo dire che la Trasfigurazione è una sorta di verifica. Dio concede ai discepoli, per un istante, di contemplare la gloria del Figlio, di anticipare la Pasqua e di comprendere che la strada di Dio non è chiusa ma aperta. La Trasfigurazione non è il segno né per Gesù né per i discepoli che la via della Croce è terminata. È solo lo svelamento del suo significato nascosto. Nel cammino della fede non mancano momenti chiari, gioiosi, all’interno della fatica dell’esistenza cristiana. Occorre saperli scorgere e saperli leggere. Senza però dimenticare che il loro carattere è fugace e provvisorio. La strada continua ad essere quella della Croce. Mi si permetta di insistere. Il discepolo deve sapersi accontentare. Di queste esperienze ne devono bastare poche e brevi. Pietro desiderava eternizzare quell’improvvisa e chiara visione: «Facciamo tre tende». È un desiderio che manifesta un’incomprensione dell’avvenimento, che non è l’inizio del definitivo, non è ancora la meta, ma solo l’anticipo profetico di essa. Al discepolo viene offerta una verifica, una caparra: poi bisogna fargli credito, senza limiti. C’è un altro aspetto su cui riflettere: il comando «ascoltatelo». L’ascolto è ciò che definisce il discepolo. La sua ambizione non è quella di essere originale, ma di essere servo della verità, in posizione di ascolto. L’ascolto è fatto di obbedienza, conversione e speranza. Richiede non solo intelligenza per comprendere, ma coraggio per decidersi: quella che ascolti è infatti una parola che ti coinvolge e ti strappa a te stesso.
don Bruno Maggioni – Comunità cattolica italiana in Ungheria