Volo papale – Mercoledì, 15 settembre 2021
La Conferenza stampa di Papa Francesco al termine del Viaggio Apostolico a Budapest e in Slovacchia, sul volo che da Bratislava lo riportava a Roma. (dal canale YouTube di TV2000)
Matteo Bruni:
Buongiorno, Santità. Grazie per questi giorni che si sono aperti con l’adorazione eucaristica a Budapest e conclusi con la celebrazione e la preghiera, unita, questa mattina a Šaštin. Tra i due momenti, tante immagini, tante parole, tanti incontri, ed è bello che si sia potuto riprendere a incontrarsi di persona. Bella anche la partecipazione e la gioia del popolo di Dio, in questi giorni.
Questi giorni li ripercorriamo attraverso le domande dei giornalisti.
La prima domanda viene da un giornalista ungherese, il signor István Károly Kuzmányi, di Magyar Kurír.
István Károly Kuzmányi, di Magyar Kurír:
Santo Padre, La ringraziamo per la Sua visita a Budapest dove ha citato il venerabile cardinale József Mindszenty, che disse: “Se ci sono un milione di ungheresi che pregano, non ho paura del domani”. Ed ecco la mia domanda: perché ha deciso, dopo 21 anni, di partecipare da Papa al Congresso Eucaristico Internazionale, partendo da questo evento? Come vede il futuro del cristianesimo europeo e cosa pensa che possiamo fare, noi ungheresi, per questo? Grazie.
Papa Francesco:
Bene, grazie, grazie tante. All’inizio non si capiva bene: “Ma viene soltanto alla cerimonia, e a noi ungheresi non ci visita?”, e qualcuno la pensava male. No. Io ho spiegato che era già pianificata – ma in mente – la visita in Slovacchia, e la incominciai dopo. Ma ho promesso al vostro Presidente, con il quale mi sono incontrato – questa è la terza volta che lo incontro –, ho promesso di vedere il prossimo anno o l’altro di poter venire, perché sono tanti i valori degli ungheresi… Mi ha colpito il senso dell’ecumenismo, per esempio, che voi avete, con una profondità grande grande grande. E questo mi ha colpito.
In genere, l’Europa deve – lo dico sempre, questo, lo ripeto – prendere i sogni dei grandi, dei padri fondatori dell’Unione Europea. L’Unione Europea non è – diciamo – una riunione per fare le cose…, è un fatto molto spirituale, c’è uno spirito alla base dell’Unione Europea, che hanno sognato Schuman, Adenauer, De Gasperi, questi grandi: tornare lì. Perché c’è un pericolo: che sia soltanto un ufficio di gestione, l’Unione Europea, e questo non va. Deve andare proprio alla mistica [allo spirito], cercare le radici dell’Europa e portarle avanti. E credo che tutti i Paesi debbano andare avanti. È vero che alcuni interessi, forse non europei, cercano di usare l’Unione Europea per le colonizzazioni ideologiche, e questo non va. No, l’Unione Europea dev’essere indipendente in sé stessa, e tutti i Paesi allo stesso livello, ispirati dal sogno dei grandi fondatori. Questa è la mia idea. E voi ungheresi: con voi sono stato l’anno scorso [due anni fa] in Transilvania. È stata bellissima quella Messa in ungherese!
Matteo Bruni:
Grazie, dr. Kuzmányi. La seconda domanda viene da Bohumil Petrik, di Dennik Standard:
Bohumil Petrik di Dennik Standard:
Dennik Standard con RTVS, chiediamo: la vaccinazione ha diviso i cristiani, anche in Slovacchia. Lei dice che è proprio un atto d’amore fare il vaccino. E allora, quando non si fa il vaccino, come lo chiamerebbe? Perché alcuni credenti, pure, si sono sentiti discriminati. Ci sono anche diversi approcci nelle diverse diocesi su questo punto: anche prima della Sua visita, potevano accedere ai Suoi eventi papali solo quelli vaccinati, poi si è cambiato, potevano anche quelli con il tampone, e via dicendo. E quindi, tutti noi vogliamo sapere: come riunirsi, come riconciliarci su questo tema?
Papa Francesco:
Questo è importante. È un po’ strano, perché l’umanità ha una storia di amicizia con i vaccini: da bambini noi, anche il morbillo, quell’altro, la poliomielite… Tutti i bambini sono stati vaccinati e nessuno diceva “mu”… Qui è venuto questo. Forse, questo è venuto per la virulenza e l’incertezza non solo della pandemia, ma anche della diversità dei vaccini, e anche per la fama di alcuni vaccini che non sono adatti o sono un po’ più che acqua distillata. Questo nella gente ha creato una paura. Poi, altri dicono che è un pericolo perché con il vaccino ti entra il vaccino dentro, e tante argomentazioni che hanno creato questa divisione. Anche nel Collegio cardinalizio ci sono alcuni “negazionisti” e uno di questi, poveretto, è ricoverato con il virus. Mah, ironia della vita… Sì, io non so spiegarlo bene: alcuni lo spiegano per la diversità della provenienza dei vaccini che non sono sufficientemente sperimentati e hanno paura. Ma si deve chiarire, chiarire e parlare con serenità di questo. In Vaticano, tutti vaccinati, tranne un piccolo gruppetto che si sta studiando come aiutarli.
Matteo Bruni:
Grazie, Bohumil, grazie Santità. La terza domanda viene da Daniel Verdú Palay di El Pais:
Daniel Verdú Palay di El Pais:
Buongiorno Santità, come sta? Domenica mattina Lei si è incontrato con il Primo Ministro Viktor Mihály Orbán; sono note o si possono capire alcune delle Sue divergenze su temi come i migranti, l’Europa, i nazionalismi… Volevamo chiederLe e sapere come è andata la riunione, se avete toccato il tema dei migranti, che adesso tornerà a essere molto importante con la crisi dell’Afghanistan, e cosa pensa delle leggi che lui ha promulgato sugli omosessuali. Glielo chiediamo anche perché pensiamo che Lei gli abbia chiesto di non lasciare morire l’Ungheria cristiana, ma ascoltando i Suoi discorsi di questi giorni sembrerebbe che sono a volte queste politiche quelle che uccidono i valori cristiani.
Papa Francesco:
Benissimo. Io sono stato visitato, perché è venuto il Presidente da me, ha avuto questo garbo, questa gentilezza, è venuto – è la terza volta che lo incontro – è venuto con il Primo Ministro e il Vice Primo Ministro, erano in tre. Ma ha parlato il Presidente. Il primo tema è stato l’ecologia. Davvero, chapeau a voi ungheresi per la coscienza ecologica che avete. Impressionante. Mi ha spiegato come purificano i fiumi…, tante cose che io non sapevo! E questa è stata la cosa principale. Poi io ho domandato sull’età media, perché sono preoccupato dell’inverno demografico. In Italia, se non sbaglio, l’età media è 47 e credo che la Spagna peggio ancora. Tanti villaggi vuoti o con una decina di anziani… è una preoccupazione seria… Come si risolve? E lì il Presidente mi ha spiegato – sempre il Presidente – mi ha spiegato la legge che hanno per aiutare le coppie giovani a sposarsi, ad avere figli. È interessante. È una legge… non so… assomiglia abbastanza a quella francese ma più sviluppata. Per questo i francesi non hanno il dramma che ha la Spagna e che abbiamo noi [in Italia]. Mi hanno spiegato questo e lì hanno aggiunto qualcosa di tecnico ambedue, il Primo Ministro e il Vice, com’era questa legge. E poi… di quale altra cosa hanno parlato? Sulle migrazioni niente, no, non se n’è parlato. E poi siamo tornati sull’ecologia, pure, e sì, la famiglia, nel senso di questo che io domandavo, e si vede che c’è tanta gente giovane, tanti bambini. Ma anche in Slovacchia: io sono rimasto stupito, tanti bambini e tante coppie giovani, e questa è una promessa. Adesso la sfida è cercare posti di lavoro, perché non vadano fuori, perché se non ci sono posti di lavoro, andranno fuori a cercar lavoro. Queste sono state le cose. Ha parlato sempre il Presidente e ambedue i Ministri aggiungevano qualche dato preciso. È stato un bel clima. Ed è durata abbastanza, credo 35-40 minuti.
Matteo Bruni:
Grazie, Santità; grazie Daniel. La quarta domanda viene da Jerry O’Connell, che fa una domanda per American Magazine:
Gerard O’Connell, American Magazine:
Prima, che siamo tutti contenti che l’intervento chirurgico ha prodotto un risultato splendido, che Lei è ringiovanito.
Papa Francesco:
Mi ha detto qualcuno che voleva farsi l’intervento, non so chi era, avevo sentito… Ma non è stata una cosa estetica!
Gerard O’Connell, American Magazine:
Santo Padre, Lei spesso ha detto che siamo tutti peccatori e che l’Eucaristia non è un premio per i perfetti ma una medicina e un alimento per i deboli. Come Lei sa, negli Stati Uniti, specialmente dopo le ultime elezioni, ma anche dal 2004 in poi, c’è stata fra i Vescovi una discussione sul dare la comunione a politici che hanno sostenuto leggi a favore dell’aborto e del diritto della donna a scegliere. E come Lei sa, ci sono Vescovi che vogliono negare la comunione al Presidente e ad altre alte cariche; ci sono altri Vescovi che sono contrari, ci sono alcuni Vescovi che dicono: “Non bisogna usare l’Eucaristia come arma”. La mia domanda, Padre: Lei cosa pensa di tutta questa realtà, e cosa consiglia ai Vescovi? Poi, una seconda domanda: Lei, come Vescovo, in tutti questi anni, ha pubblicamente rifiutato l’Eucaristia a qualcuno di questi?
Papa Francesco:
No, io mai ho rifiutato l’Eucaristia a nessuno, a nessuno. Non so se sia venuto qualcuno che era in questa condizioni, ma io mai, mai ho rifiutato l’Eucaristia. E questo già da prete. Mai. Ma mai sono stato cosciente di avere davanti a me una persona come Lei descrive, questo è vero. Semplicemente, l’unica volta che ho avuto un po’… una cosa simpatica, è stato quando sono andato a celebrare Messa a una casa di riposo ed eravamo nel salotto e ho detto: “Chi vuole fare la Comunione, alzi la mano”: tutti, i vecchietti, le vecchiette, tutti volevano la Comunione, e quando ho dato la Comunione a una signora mi ha preso la mano e mi ha detto: “Grazie, Padre, grazie. Sono ebrea…”. Io ho detto: “No… Anche quello che ti ho dato è ebreo… Avanti”. Questa è l’unica cosa strana, ma la signora si era comunicata prima, me l’ha detto dopo. No. La Comunione non è un premio per i perfetti. Pensiamo a Port Royal, al problema di Angélique Arnaud, al giansenismo: i perfetti possono comunicarsi. La Comunione è un dono, un regalo; la presenza di Gesù nella sua Chiesa e nella comunità. Questa è la teologia. Poi, coloro che non stanno nella comunità non possono fare la Comunione, come questa signora ebrea; ma il Signore ha voluto premiarla a mia insaputa. Perché? Perché stanno fuori dalla comunità, ex-comunitate – scomunicati, si chiamano. È un termine duro, ma questo vuol dire che non stanno nella comunità, o perché non appartengono, non sono battezzati, o perché si sono allontanati per alcune cose.
Secondo, il problema dell’aborto. L’aborto è più di un problema, l’aborto è un omicidio. L’aborto… senza mezze parole: chi fa un aborto, uccide. Prendete voi qualsiasi libro di embriologia, di quelli che studiano gli studenti nelle facoltà di medicina. La terza settimana dal concepimento, alla terza settimana, tante volte prima che la mamma se ne accorga, tutti gli organi stanno già lì, tutti, anche il DNA. Non è una persona? È una vita umana, punto. E questa vita umana va rispettata. Questo principio è così chiaro, e a chi non può capirlo io farei due domande: è giusto uccidere una vita umana per risolvere un problema? Scientificamente è una vita umana. Seconda domanda: è giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Questo l’ho detto pubblicamente a Jordi Evole quando ho fatto [l’intervista]… L’ho detto l’altro giorno alla Cope [radio cattolica spagnola], ho voluto ripeterlo… e punto. Non andare con questioni strane. Scientificamente è una vita umana. I libri ci insegnano. Io domando: è giusto farla fuori, per risolvere un problema? Per questo la Chiesa è così dura su questo argomento, perché, se accetta questo, è come se accettasse l’omicidio quotidiano. Mi diceva un Capo di Stato che il calo della popolazione è incominciato da loro, hanno un vuoto dell’età, perché in quegli anni c’è stata una legge sull’aborto così forte che hanno fatto sei milioni di aborti, si calcolano, e questo ha lasciato un calo molto grande nella società di quel Paese. Adesso andiamo a quella persona che non è nella comunità, non può fare la Comunione, perché sta fuori dalla comunità, e questa non è una pena. No, tu stai fuori. La Comunione è unirsi alla comunità. Ma il problema non è teologico, che è questo semplice, il problema è pastorale, come noi vescovi gestiamo pastoralmente questo principio. E se noi vediamo la storia della Chiesa, vedremo che ogni volta che i vescovi hanno gestito non come pastori un problema si sono schierati sulla vita politica, sul problema politico. Per non gestire bene un problema si sono schierati sul versante politico. Pensiamo alla notte di San Bartolomeo: “Eretici! Sì, l’eresia è gravissima, sgozziamoli tutti!”. No, è un fatto politico. Pensiamo a Jeanne d’Arc, a questa visione, pensiamo alla caccia alle streghe… sempre. Pensiamo a Campo de’ Fiori, a Savonarola, a tutta questa gente: quando la Chiesa per difendere un principio lo fa non pastoralmente, si schiera su un piano politico. E questo è sempre stato così, basta guardare la storia. E cosa deve fare il pastore? Essere pastore. Essere pastore e non andare condannando, non condannando: essere pastore. Ma anche il pastore degli scomunicati? Sì, è pastore e dev’essere pastore con lui, essere pastore con lo stile di Dio. E lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Tutta la Bibbia lo dice. Vicinanza, già nel Deuteronomio, in cui dice a Israele: “Dimmi quali popoli hanno gli dei così vicini come tu hai me?”. Vicinanza, compassione. Il Signore che ha compassione di noi. Leggiamo Ezechiele, leggiamo Osea. Già dall’inizio è tenerezza. Basta guardare il Vangelo e le cose di Gesù. Un pastore che non sa gestire con lo stile di Dio, scivola e si mette in tante cose che non sono da pastore.
Per me… Non vorrei particolarizzare, perché Lei ha parlato degli Stati Uniti, perché non conosco bene bene i dettagli, do il principio. Lei mi può dire: se Lei è vicino, è tenero, è compassionevole con una persona, Le darebbe la Comunione? Questa è un’ipotesi. Sii pastore, il pastore sa cosa deve fare in ogni momento, ma come pastore. Ma se esce da questa pastoralità della Chiesa, immediatamente diventa un politico. Questo lo vedrete in tutte le denunce, in tutte le condanne non pastorali che fa la Chiesa. Con questo principio credo che un pastore può muoversi bene. I principi sono della teologia. La pastorale è la teologia e lo Spirito Santo che ti va conducendo a farlo con lo stile di Dio. Io oserei dire fino a qua. Se Lei mi dice: ma si può dare o non si può dare? È casistica, quello, che lo dicano i teologi. Si ricorda Lei la tempesta che si è armata con Amoris laetitia, quando è uscito quel capitolo di accompagnamento agli sposi separati, divorziati: “Eresia, eresia!”. Grazie a Dio che c’era il cardinale Schönborn lì che è un grande teologo e ha chiarito le cose. Ma sempre questa condanna, condanna… Basta con la scomunica, per favore non mettiamo più scomunica. Povera gente, sono figli di Dio, stanno fuori temporaneamente, ma sono figli di Dio e vogliono e hanno bisogno della nostra vicinanza pastorale. Poi il pastore risolve le cose come lo Spirito lo dice.
Matteo Bruni:
Grazie Santo Padre. Grazie Gerry. La prossima domanda, forse abbiamo tempo per un’altra domanda da parte di Stefano Maria Paci di SkyTg24. Prego Stefano.
Stefano Maria Paci, Sky Tg24:
Buongiorno Santo Padre, io credo, conoscendoLa, che questo messaggio che sto per darle, Lei lo considererà una specie di regalo. Sapendo che io viaggio in volo con Lei, mi ha chiesto di darglielo, me lo ha inviato ieri sera Edith Bruck, la scrittrice ebrea deportata ad Auschwitz a 13 anni, vincitrice quest’anno del premio Strega giovani e Lei, fatto del tutto insolito, era andato a casa sua nel centro di Roma per incontrarla. È un lungo messaggio firmato “Sua Sorella Edith”, in cui La ringrazia per i Suoi ripetuti appelli e gesti contro l’antisemitismo di questo viaggio. Le prime parole sono: “Amato Papa Francesco, le Sue parole sull’antisemitismo mai sradicato oggi sono più attuali che mai, non solo nei Paesi che sta visitando ma in tutta Europa”.
Papa Francesco
È vero questo. L’antisemitismo è alla moda adesso, sta risorgendo. È una cosa brutta, brutta, brutta.
Stefano Maria Paci
E la domanda è sulla famiglia, Lei ne ha parlato con le Autorità ungheresi, ne ha riparlato ieri nell’incontro con i giovani. E da Strasburgo proprio ieri è arrivata la notizia di una risoluzione del Parlamento Europeo che invita gli Stati membri a riconoscere i matrimoni omosessuali e relativi rapporti di genitorialità. Santo Padre, qual’è il suo pensiero a proposito?
Papa Francesco:
Ho parlato chiaro su questo. Il matrimonio è un sacramento. Il matrimonio è un sacramento. La Chiesa non ha il potere di cambiare i sacramenti così come il Signore li ha istituiti. Queste sono leggi che cercano di aiutare la situazione di tanta gente, di orientamento sessuale diverso. E questo è importante, che si aiuti la gente. Ma senza imporre cose che, per la sua natura, nella Chiesa non vanno. Ma se loro vogliono portare la vita insieme, una coppia omosessuale, gli Stati hanno possibilità civilmente di sostenerli, di dare loro sicurezza di eredità, di salute,… I francesi hanno una legge su questo, non solo per gli omosessuali, per tutte le persone che vogliono associarsi. Ma il matrimonio è il matrimonio. Questo non vuol dire condannare le persone che sono così, no, per favore, sono fratelli e sorelle nostri. Dobbiamo accompagnarli. Ma il matrimonio come sacramento è chiaro, è chiaro. Che ci siano leggi civili che… Tre vedove, per esempio, che vogliono associarsi in una legge per avere il servizio sanitario, per avere poi l’eredità fra loro, ma si fanno queste cose. Questo è il Pacs francese, ma niente a che vedere con le coppie omosessuali; le coppie omosessuali possono usarla, possono usarla, ma il matrimonio come sacramento è uomo-donna. A volte, su quello che io dicevo, si crea confusione. Sì, dobbiamo, tutti uguali, rispettare tutti; il Signore è buono e salverà tutti. Questo non dirlo a voce alta [ride], ma il Signore vuole la salvezza di tutti. Ma per favore non fare che la Chiesa rinneghi la sua verità. Tanti, tante persone di orientamento omosessuale si accostano al sacramento della penitenza e si accostano per chiedere consiglio ai sacerdoti, e la Chiesa li aiuta ad andare avanti nella propria vita, ma il sacramento del matrimonio non va. Grazie.
Matteo Bruni:
Grazie Santo Padre…
Papa Francesco:
E grazie a voi! Volete una cosa bella su una persona di voi? Questo lo lascio come un fioretto prima di andarmene. Si diceva che questa giornalista è a disposizione 24 ore per il lavoro, che sempre lascia passare gli altri prima, lei dietro, e che sempre dà la parola agli altri e lei zitta. Bello, di un giornalista, che dicano questo, e questo lo dice Manuel Beltran sulla nostra Eva Fernandez. Grazie!