Sempre più spesso nella società e nella Chiesa si vanno affermando espressioni come valori non negoziabili… tolleranza zero… fare piazza pulita, termini che appartengono alle strutture di potere che difendono se stesse, ma che sono estranee al messaggio della buona notizia che i credenti hanno l’impegno di vivere e annunciare.
Ogni potere, quando si sente minacciato, erige barriere difensive, si rifà all’ordine, alla disciplina e all’ubbidienza. Ma la Chiesa, che non deve in alcun modo assomigliare alle strutture di potere esistenti, non può in nessun caso emulare il linguaggio e i metodi della società.
Su questo Gesù era stato molto chiaro e anche severo, e ai discepoli, mossi dall’ambizione e dalla vanità, aveva detto:“Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono”e, dopo questa affermazione, non certo lusinghiera verso i governanti, aveva ammonito i suoi discepoli di non imitare in alcuna maniera i potenti: “Tra voi non sarà così, ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo” (Mt 20,25-27).
Il Regno di Dio, che Gesù è venuto ad annunciare e a inaugurare, richiede da parte di quanti vi aderiscono un cambio radicale dei valori esistenti nella società. Gesù chiede di sostituire i rapporti di forza con quelli di amore, quelli di dominio con quelli di servizio, quelli di interesse con quelli di generosità. E questo non può essere una pia teoria, ma una pratica costante, un cambio che non può venire formulato in una dottrina, ma deve essere visibile come caratteristica abituale e riconoscibile dei suoi seguaci.
Se è vero che la società civile ha bisogno di leggi con obblighi, proibizioni e sanzioni contro i trasgressori, nella comunità cristiana i codici di comportamento sono altri. Come si fa a conciliare la “tolleranza zero” con il “perdonare settanta volte sette?” (Mt 18,22), il castigo con l’amore al nemico, la difesa intransigente di utopistiche dottrine con il bene concreto dell’uomo?
Con Gesù non è più una legge, fosse pure divina, a regolare i rapporti tra le persone, ma l’amore. La verità del suo messaggio non può in alcun modo essere condizionata da situazioni contingenti. Nessuna emergenza permette di annacquare la buona notizia di Gesù. Farlo significa tradirlo. E tradire il messaggio di Gesù equivale a tradire se stessi.
L’amore, l’unico atteggiamento che Gesù ha chiesto ai suoi di rendere manifesto in maniera tangibile, non può mai venire meno nella comunità che si rifà al suo nome. Se quelli che nella società si sentono emarginati e disprezzati, non trovano nella comunità cristiana un’accoglienza che prescinda dalle loro colpe, ma solo giudizi e condanne, questi perdono ogni speranza.
Quando la comunità dei seguaci di Gesù non è capace di offrire uno sguardo di misericordia che esprima perdono, un abbraccio compassionevole che non consideri le colpe, significa che il sale ha perso il sapore e “a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente” (Mt 5,13). Le severe parole del Cristo sono chiare: se quelli che pensano di seguirlo non sono capaci di testimoniare amore, tenerezza e compassione, non servono a nulla, e meritano il disprezzo della società che da essi si attendeva nuova linfa vitale. Il giudizio, l’accusa, il rimprovero, il castigo, l’emarginazione, il disprezzo, tutto questo si trova anche troppo nella società, e Gesù non è venuto ad appesantire con altre norme situazioni già insostenibili, ma lui è la manifestazione di quell’amore che“non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta” (Mt 12,20; Is 42,3).
Gesù propone un altro volto di Dio che, se accolto, fa nascere un nuovo modo di vivere. Il Padre di Gesù è un Signore che non punisce e non castiga nessuno, ma a tutti offre amore incondizionato, più grande di quello di una madre per il suo figliolo (“Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai”, Is 49,15). L’amore di Dio non si arrende neanche di fronte all’evidenza, non arretra davanti al tradimento e al peccato, ma è capace di suscitare vita là dove questa non c’è. Questo suo amore il Signore aveva cercato di farlo giungere agli uomini attraverso la voce dei profeti, ma evidentemente era un messaggio che era rimasto incompreso e inascoltato.
Poi, con Gesù, questo amore ha visto la sua massima espressione e manifestazione, ma stranamente fu fonte di scandalo fin dal suo primo apparire. Non solo i contemporanei di Gesù si sdegnarono per il suo atteggiamento verso i peccatori, ma anche le prime comunità cristiane ebbero difficoltà ad accogliere e praticare gli insegnamenti del Cristo, disattesi, annacquati e persino censurati.
Come è stato possibile tutto ciò?
La risposta va forse cercata nella tentazione del potere che, rifiutata nettamente da Gesù, è stata spesso accolta dai suoi seguaci.
L’amore è utile per servire, non per comandare. Per dominare e comandare l’amore diventa un intralcio. Per sottomettere gli uomini c’è bisogno di inculcare paura, e la paura di Dio, del suo castigo, è la più efficace. Ma nessuna forma di amore è possibile laddove esiste la paura (1 Gv 4,18).
Il Dio che mette paura, che giudica, condanna e castiga, è la divinità imposta da ogni istituzione religiosa che pretenda di esercitare un potere assoluto per sottomettere gli uomini ai suoi ordinamenti.
Il Padre che libera da ogni paura, che non giudica, non condanna, ma a tutti incondizionatamente offre il suo amore, è la buona notizia che Gesù ha rivelato all’umanità per renderla felice.
In questo libro, seguendo le linee del vangelo di Luca, il cantore della misericordia di Dio, definito da Dante lo “scriba mansuetudinis Christi” (Monarchia, I), si cercherà di riscoprire la ricchezza immensa dell’amore di Dio per l’umanità, un amore che deve essere urgentemente recuperato da una Chiesa che non può abbandonare la sola missione alla quale il Cristo l’aveva destinata, quella di testimoniare visibilmente l’amore incondizionato di Dio per ogni creatura.
Alberto Maggi
Alberto Maggi
Frate dell’Ordine dei Servi di Maria, studioso appassionato della Bibbia, la interpreta sempre a servizio della giustizia, mai del potere. È direttore del Centro Studi Biblici “G. Vannucci” a Montefano. Ha pubblicato, tra gli altri: Roba da preti (4ª ed.), Nostra Signora degli Eretici (4ª ed.), Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede) (6ª ed.), Parabole come pietre (3ª ed.), La follia di Dio.
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