Nessuna esibizione virtuosa
Abbiamo ascoltato nel vangelo di Matteo una catechesi di Gesù sulle opere degli uomini, sulle opere dei credenti, una catechesi che riassume soprattutto l’insegnamento di Gesù sull’elemosina, sulla preghiera, sul digiuno. Tre esigenze presenti nell’ammonizione dei profeti dell’Antico Testamento e ora confermate da Gesù come esigenze necessarie per la vita di credenti e anche per la vita di fratelli legati in alleanza tra di loro e con il Signore. Noi conosciamo che cosa significano queste esigenze, sappiamo anche come possono essere vissute, attuate, soprattutto nel tempo della Quaresima.
Ma io vorrei rivolgere l’attenzione sulle parole di Gesù che giudicano queste stesse esigenze e che pongono queste esigenze nella luce dell’Evangelo e della libertà del cristiano: le parole sul giudizio del Padre, sul giudizio di Dio. Per tre volte alla fine delle tre ammonizioni Gesù le ripete: «E il Padre tuo, che vede nel segreto, ti darà la ricompensa». Così Gesù ci dice che ciò che è davvero decisivo è lo sguardo di Dio, è il giudizio di Dio, non il nostro sguardo, non il nostro giudizio e tanto meno lo sguardo, il giudizio degli uomini. Ecco, se la Quaresima fosse per noi il tempo in cui siamo capaci di diventare consapevoli di questo sguardo, di questo giudizio del Padre come decisivo, io credo che noi avremmo fatto un passo veramente decisivo nel ritornare al Signore.
Dunque, innanzitutto Gesù ci richiama all’elemosina fatta in verità, ma con questo Gesù ci indica come dobbiamo avere rapporti con i fratelli e le sorelle in verità, come noi dobbiamo amare i fratelli e le sorelle: non amarli perché gli altri siano sedotti, perché siano ammirati dal nostro amore, ma amarli senza pensare alla reciprocità, senza attenderci una risposta adeguata, e amarli senza narcisismi, senza contemplare le nostre capacità di amore, vere o presunte. Il Padre vede nel segreto, scruta le nostre profondità, conosce la verità di ogni nostro amore verso gli altri, e allora noi dobbiamo soprattutto confidare in questo sguardo del Padre, non negli sguardi nostri o negli sguardi che possono dare gli altri.
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Ma anche la preghiera e il rapporto con Dio richiedono che si dia importanza decisiva allo sguardo di Dio. Per questo Gesù non nega la preghiera comunitaria, la preghiera pubblica, la preghiera con gli altri, ma dice che la verità della preghiera fatta con gli altri e in mezzo gli altri si misura con quella preghiera fatta nella cella, fatta nella solitudine, una preghiera che nessuno vede ma che vede soltanto Dio. Preghiera per vivere l’attenzione a Dio, per cercare di non essere distratti – ed è questo il nostro compito radicale di cristiani, ma soprattutto di noi monaci che se abbiamo una differenza dalla vita degli altri è solo in vista di non essere distratti, di non essere divisi rispetto ad altri –, ma tutto questo confidando che lo vede il Padre, non lo vedono neanche i fratelli a noi più vicini.
E infine Gesù pone lo sguardo sul digiuno che non è solo astinenza dal cibo, ma è astinenza da tutto ciò che ingombra il nostro cammino di ritorno al Signore. Il cibo è la metafora di tante cose di cui noi sentiamo il bisogno, e noi dobbiamo giudicare se queste cose sono di ingombro e di contraddizione o se ci aiutano alla comunione con Dio e con i fratelli. E qui addirittura Gesù dà un consiglio affinché gli uomini non vedano, chiede di fare qualcosa che nasconde la verità; verrebbe da dire che Gesù ci chiede di dire una bugia perché gli altri non vedano. Tu digiuni? E dunque mostra il contrario, profumati il capo, lavati la faccia. È esattamente l’azione contraria e parallela a quella che fa l’ipocrita per farsi vedere, colui che aumenta eventualmente con segni esterni ciò che vuole che gli altri capiscano di lui, anche se non è la verità.
Ecco il primato del giudizio, dello sguardo del Padre sul nostro sguardo e sullo sguardo degli altri. In verità, proprio aver fede in questo sguardo ci può essere di grande consolazione. Certamente se noi non viviamo queste cose in verità, allora questo sguardo diventa il giudizio di Dio e ne dobbiamo soltanto aver timore. Ma se noi viviamo queste cose in verità, confidiamo nello sguardo del Padre, sapendo che noi non sappiamo neppure giudicarci, sapendo che Dio è più grande del nostro cuore e della nostra coscienza, e lasciamo il giudizio a Dio che ci conosce anche dove noi non ci conosciamo.
Ecco, passiamo la Quaresima sotto il suo sguardo, non sotto lo sguardo nostro o degli uomini.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi