Commento al Vangelo di domenica 5 Dicembre 2021 – don Andrea Vena

957

Cosa dice la Parola/Gesù

Siamo alla II domenica di Avvento. Domenica scorsa, prima tappa del nostro cammino liturgico, ci è stata indicata la Meta verso la quale ci stiamo incamminando, lì dove ci accoglierà Gesù, Re dell’Universo (tema dell’ultima domenica dell’ann99jgo liturgico), e ci è stato ricordato che l’atteggiamento di fondo da coltivare è quello di una vigilante attesa. Ciò non significa non far nulla, quanto assolvere con responsabilità i nostri compiti (cfr Mt 25,14-30, parabola dei talenti), sapendo alimentare questo tempo con e nella preghiera.

Oggi ci viene presentato il primo dei due grandi protagonisti dell’Avvento, Giovanni Battista, poi avremo modo di incontrare il secondo protagonista, la Vergine Maria. La Parola ci offre una sorta di tac/risonanza magnetica attraverso la quale ci vengono segnalati i punti deboli nei confronti dei quali prendere provvedimenti, e ci viene indicata la giusta terapia da assumere. Se domenica scorsa abbiamo ascoltato la voce del profeta Geremia, oggi fa eco la voce del suo discepolo, Baruc – I lettura il quale invita a deporre “la veste del lutto e dell’afflizione e a rivestirsi dello splendore della gloria che viene da Dio… perché Dio mostrerà il tuo splendore…Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio” (v. 1-2.7). Il profeta sta facendo riferimento all’opera che Dio sta compiendo, quella del grande ritorno del popolo dopo l’esilio di Babilonia, che si fa canto di lode e di gioia nel salmo: “Grandi cose ha fatto il Signore per noi…Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia” (salmo 126). Ma non basta sapere che Dio viene a liberare il popolo, a liberare ciascuno di noi, se non sappiamo con quale stile. Risposta che troveremoinel vangelo di questa domenica.

- Pubblicità -

vv. 1-2a: «Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa…».

Il capitolo del vangelo si apre in modo solenne, pomposo… per preparare la sorpresa che segue. I primi versetti presentano, in forma piramidale, quanti si trovano ai vertici di quel momento storico, a livello centrale e periferico: Cesare, Pilato, Erode… Accanto al potere civile anche il potere religioso, Anna e Caifa. Una solenne presentazione per contestualizzare l’evento, che non è fantasioso né leggendario, ma anche per rimarcarne la differenza che segue.

v. 2b-3: «La parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati…».

Qui sta la sorpresa. La parola di Dio non venne su Erode, Pilato, Caifa, Anna…no. Venne su Giovanni, nel deserto. Il potere civile e il potere religioso non sono oggetto di questa “visita” della Parola di Dio: un’esclusione che bene l’evangelista Giovanni ha espresso: “Veniva nel mondo la luce vera… eppure il mondo non lo ha riconosciuto” (Gv 1,9-10). I detentori del potere civile e religioso, infatti, li ritroveremo alla fine della vicenda di Gesù, protagonisti dei loro intrighi di potere: Erode (“Erode si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini…”, Mt 2,13ss); Pilato (Mt 27,24 “Si lavò le mani“); Anna e Caifa (Gv 18,12ss “E’ conveniente che un solo uomo muoia per il popolo”). Che beffa: la parola di Dio venne da Giovanni! Figlio di sacerdote (cfr Lc 1,5ss), che essendo il maschio primogenito avrebbe dovuto come il padre essere sacerdote. Invece sta nel deserto, dimostrando d’aver rotto con questa società. Lontano da Gerusalemme, lontano dal tempio (i Magi non trovarono Gesù a Gerusalemme: Mt 2,1-12). E qui predica la conversione e il perdono dei peccati.

vv. 4-6: «Com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

La fatica del raddrizzare i sentieri, del riempire i burroni o abbassare monti e colli è compensata dalla certezza che “Ogni uomo vedrà la salvezza”. Parole che suggeriscono che Colui che deve venire porterà a compimento la profezia di Baruc descritta nella I lettura.

Cosa dice a me oggi la Parola/Gesù

I testi che ho e abbiamo ascoltato, cercano di aiutarci a sintonizzarci con il giusto spirito dell’Avvento.

Se domenica scorsa è stata messa a fuoco la Meta verso la quale fissare il nostro sguardo e il nostro cuore, oggi ci viene suggerito il modo con il quale vivere questa attesa. La prima cosa che emerge dal vangelo sono i dati storici. Il vangelo non mira tanto ad essere un testo di storia, ma questi dettagli suggeriscono che Dio entra in una storia reale e concreta: Dio non è una favola, ma è un Avvenimento, è un Fatto. Non ci sono due storie, la mia e quella di Dio. Ma esiste un’unica storia, e io, noi tutti, siamo chiamati a cercare e ad ascoltare il Signore dentro questa storia reale e concreta, piena di contraddizioni, di inganni e di complotti. Un tempo Erode, Pilato, Anna, Caifa, oggi… Oggi la mia e nostra storia, segnata da personaggi ed eventi luminosi, e da personaggi ed eventi cupi. Come Gesù anche noi non possiamo pensare di sistemare ogni cosa sradicando il male: Gesù ci ha insegnato invece che grano e zizzania devono convivere (cfr Mt 13,24ss), e solo alla fine si tireranno i conti. Una cosa però possiamo fare, ed è mostrare una via alternativa, una vita di luce alimentata dal vangelo: possiamo essere “sale e luce” del mondo, in questo mondo (cfr Mt 5,13-16).

Non possiamo allora evadere da questo mondo così ambiguo, perché in fondo questo mondo ci seguirebbe in quanto è nel nostro cuore: perché le prime ambiguità sono in noi (cfr Mt 15,11: “Non ciò che entra nell’uomo corrompe l’uomo…”). Dobbiamo allora vivere dentro questa storia, così concreta e così fragile, sapendo che in ogni attimo avviene qualcosa di bello e di grande: Dio mi visita, ci visita. Dio viene. Dio entra. Questo è ciò che cambia la storia: la Parola “accade” su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. E così avviene oggi. Dio viene, irrompe sempre in modo nuovo, capace di sorprenderti, e ti rende suo messaggero. «Amos rispose ad Amasia: “Non ero profeta, né figlio di profeta; ero un pastore e raccoglitore di sicomori; il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: “Va’, profetizza al mio popolo…”» (Am 7,14). E così vale per i profeti di tutti i tempi. Questo suggerisce che non sono io, non sei tu, non siamo noi a decidere. La Parola di Dio, quando trova spazio nei cuori, “accade” e cambia la vita. Il Signore ha trovato in Giovanni Battista un uomo capace di ascolto e quindi capace di ricevere, di custodire, di lasciarsi trasformare dalla sua Parola.

E da Giovanni – compagno di viaggio che la liturgia mi pone accanto oggi imparo due cose: la prima: il luogo da lui scelto è il deserto. Avrebbe potuto stare nel palazzo, presso il tempio, perché figlio di sacerdote. Invece non vi rimane. Giovanni sta dove meglio riesce a rispondere alla volontà di Dio (cfr “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Lc 2,41-50). Questo è un dato importante. La Parola irrompe dove le si fa spazio: non nei palazzi, ma nel deserto. Luogo semplice e che semplifica, luogo essenziale che educa all’essenziale.

Il secondo insegnamento che mi offre Giovanni è che la Parola che ci raggiunge non è nuova, ma è la parola dei profeti che risuona prima nel cuore e poi rimbalza dalle labbra di Giovanni: “Voce di uno che grida nel deserto…ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate” (Lc 3,5). Quante volte capita nella vita quotidiana di incontrare realtà che sembrano insormontabili, impossibili da cambiare. Chi si lascia “visitare” dalla Parola, chi la “custodisce” e da essa si lascia guidare, sarà capace di vedere oltre, sarà capace di capire che tutto ciò che è storto, tutto ciò che è sconnesso…tutto si può aprire a una vita nuova, come dice Gesù a conclusione del vangelo: “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio” (Lc 3,6). Non c’è pietra che tenga! Neanche quella della morte (Mc 16,1-8: “chi ci rotolerà la pietra dall’ingresso del sepolcro?).

In queste brevi pennellate la Liturgia mi e ci invita, all’inizio di questo tempo di Avvento, a saperci porre nel giusto atteggiamento per poter accogliere Colui che deve venire, per poter accogliere la Parola che si fa carne. Questo dice quanto sia importante anche per me andare nel deserto, lì dove rumori e distrazioni non mi ostacolano e non m’ingannano: non devo fare chissà quali valige, basta che impari a entrare nella mia camera e pregare il Padre mio nel segreto (cfr Mt 6,5-8); basta che impari a sostare in chiesa per stare a tu per Tu con Lui, lasciandomi semplicemente amare dal calore dell’Eucaristia; basta che impari a leggere ogni giorno una pagina del vangelo; che impari a “lasciare le reti” (quelle dei social in primis!) per stare con Lui nel silenzio; basta che impari a visitare un malato, un anziano.

A volte anche una malattia che blocca a letto può diventare “il tuo deserto”: penso solo alla beata Benedetta Bianchi Porro cosa è stata capace di fare immobile nel suo letto. E re-impariamo a mettere da parte gli affanni della vita e scegliere ciò che è essenziale, la parte migliore (cfr Marta e Maria, Lc 10,38-42). Questo, e chissà quanto altro, mi aiuterà a riconoscere ed accogliere la “visita” di Dio così che risuoni in me la sua Parola di amore, di misericordia, di speranza. Parola di salvezza. Ho bisogno anch’io, e così ciascuno di noi, di lasciare fare a Dio quanto Lui stesso crede meglio per me, per noi.

Ma c’è anche un’altra cosa che merita di essere evidenziata. “Preparare la via del Signore” non significa tanto “fare qualcosa” per Lui, ma permettere a Lui di fare qualcosa per me/noi. Vuol dire “mettermi di fronte a Lui”, mettermi davanti a Lui, e scegliere la sua Via. Significa mettermi in ascolto e, umilmente, accettare che Dio raddrizzi i sentieri che io stesso ho modificato, illuso di sentirmi più sicuro. Nella vita, infatti, c’è sempre il rischio di adagiarsi, di ritagliarsi comodi angoli di comodità, di conquiste ottenute… e di dimenticare così che dobbiamo restare “dietro a Lui” (cfr la tentazione di sempre di “congelare” la storia lì dove si sta bene: “Facciamo tre tende”, Lc 9,28ss.).

Giovanni Battista, dicevamo, avrebbe potuto tranquillamente restare al tempio, assecondare le legittime tradizioni sacerdotali, e invece si è recato nel deserto, ha rotto gli schemi familiari, ha accettato di aderire alla verità di se stesso. Non va forse di moda il motto “Va’ dove ti porta il cuore?”: ma se il cuore non è “visitato/educato” da Dio, fa danni. Il cuore va portato dove deve andare, lì dove Dio gli sta suggerendo di andare. Ma noi tutti, che diciamo e che ripetiamo continuamente che dobbiamo ascoltare il cuore, siamo molto lontani da esso: non siamo più capaci di ascoltarlo veramente. Lo diciamo a parole, ma in realtà non lo facciamo. Giovanni ha ascoltato il cuore, e oggi ci suggerisce che l’Avvento è cosa del cuore, e solo Dio ne ha le chiavi (cfr parafrasando don Bosco). Andare nel deserto è un ritornare al cuore/centro di noi stessi.

Mettersi di fronte alla Parola però, non è solo lasciare che Dio raddrizzi i sentieri, ma lasciare a Lui anche il compito di riempire i burroni della mia vita. Quei burroni in cui mi sono infilato, accettando di scendere a compromessi, accettando di infilarmi in vicoli che inizialmente mi attraevano e che poi mi hanno deluso, lasciandomi schiacciato dalla vergogna di Adamo (Dove sei? Mi sono nascosto perché sono nudo, Gn 3). Nessuno che si mette nel posto sbagliato sopravalutandosi o sottovalutandosi potrà mai essere felice. Mettersi di fronte alla Parola con verità significa lasciarsi correggere, consolare, sostenere. Davanti alla Parola imparo a scoprire che la via dritta è quella di Dio, che in fondo è la realtà. In una visione mistica santa Teresa d’Avila si sentì dire da Gesù: Conosciti in Me”. Ecco l’Avvento, imparare a conoscersi, prendere consapevolezza di sé di fronte alla Parola, di fronte a Gesù. Dio entra nella storia per dirottare la mia vita verso il bene.

Questo tempo di Avvento diventi per me e ciascuno “tempo di ascolto”, sapendo concedere spazio e accoglienza alla Parola che ci salva, che ci svela chi siamo realmente. Sia un tempo per prepararci, per affinare lo sguardo e il cuore, per riconoscere nell’umile grotta di Betlemme Colui che è la “salvezza di Dio” per ogni uomo (cfr Lc 3,6). Non lasciamoci ingannare dalle luci intermittenti che già popolano le nostre strade e i nostri negozi. Attuali ed efficaci sono le parole di Charles Bukowski: «E’ Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti. Io vorrei un dicembre a luci spente e con le persone accese».

Forse ora abbiamo compreso un po’ di più: domenica scorsa c’è stata indicata la Meta, oggi gli atteggiamenti di fondo da coltivare lungo il cammino. E sarà così ogni domenica quando, strada facendo, nella liturgia Dio mi e ci educherà alla sua logica d’amore. Passo dopo passo, domenica dopo domenica.

Per ora, lasciamoci visitare dalla Parola di Dio. Forse – anzi ne sono certo – il suo venire porterà scompiglio

– “Figlio, perché ci hai fatto questo?”, ma “Compiere la volontà del Padre” è ciò che è bene per noi, certi come scrive san Paolo nella II lettura, che “Chi ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento”. Siamo opera buona di Dio, fidiamoci! Forse non sono o non siamo dove avremmo voluto, ma il Signore sa chi siamo, facciamoci dire da lui chi siamo. E troveremo la vera gioia che cerchiamo.

Cosa rispondo io oggi alla Parola/Gesù

Colletta anno C

O Dio, grande nell’amore, che conduci gli umili alla luce gloriosa del tuo regno, donaci di raddrizzare i sentieri e di appianare la via per accogliere con fede la venuta del nostro Salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio.

Io rispondo così…

Conoscermi in te

Signore Gesù,

nel deserto del mio cuore mi aspetti:

attirami a Te,

dammi il coraggio di pormi di fronte a Te. Fa’ che accetti che Tu, Signore,

raddrizzi i sentieri che hai tracciato nel mio cuore

che io stesso ho modificato, illuso di sentirmi più sicuro.

Fa’ che accetti che Tu riempia i burroni nei quali sono sprofondato per cercare da solo il mio bene.

Che jje, Signore,

la tua Parola ribalterà la mia vita e mi ritroverò dove oggi non vorrei. Ma una cosa so, Signore:

Tu solo mi conosci fino in fondo e sei capace di condurmi

verso ciò che veramente conta: la tua salvezza

che è la mia gioia e realizzazione! Allora, Signore Gesù,

aiutami a conoscermi in Te.


Il commento al Vangelo di domenica 5 dicembre 2021 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.