Beati i poveri e guai a voi, ricchi!
Oggi, 6° domenica del tempo ordinario, e domenica prossima ascolteremo dal vangelo di Luca, capitolo sesto, quello che comunemente è chiamato il discorso della montagna, che ha inizio con le «beatitudini». Notiamo come Gesù per ben quattro volte usa l’espressione «Beati voi…», e altre quattro volte l’espressione opposta «Guai a voi…».
La “beatitudine” è un genere letterario usato spesso dalla Bibbia per dare un annuncio di gioia che riguarda il presente o una promessa rivolta al futuro. Nella Sacra Scrittura, infatti, leggiamo spesso delle affermazioni che proclamano la felicità, la beatitudine riservata al credente che vive determinate situazioni e assume comportamenti precisi. È detto «Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte» (cf Sal 1, 1-2); è «Beato l’uomo che ha cura del debole» (cf Sal 41,2); è «beato chi ha pietà degli umili» (cf Sal 14, 21); è «Beata la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità» (cf Sal 33, 12).
Però Gesù ha pronunciato non solo delle Beatitudini, ma anche delle invettive, degli avvertimenti, delle messe in guardia, dei forti richiami. Il Messia, dunque, in continuità con i profeti, ha proclamato alcune beatitudini e ha annunciato dei guai severi. Pensiamo al profeta Geremia quando dice: «Guai a chi costruisce la sua casa senza giustizia» (cf Ger 22, 13) oppure a Isaia «Guai, gente peccatrice, popolo carico d’iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti!» (cf Is 1, 4).
Gesù, ci racconta l’evangelista Luca, inizia la sua missione privilegiando una categoria di persone: i poveri. I «poveri di YHWH» sono i membri del popolo di Dio sofferente e angosciato. Ancora oggi i poveri privilegiati dal Signore sono tutti coloro che sono nell’indigenza, nella sfiducia, nel pianto, nell’oppressione, coloro che non contano, che sono schiacciati dai potenti; questi poveri sono la grande maggioranza dell’umanità, ad essi si rivolge il vangelo, ad essi deve rivolgersi la Chiesa, non soltanto con spirito di assistenza, di beneficenza, ma facendosi, come più volte ha detto Papa Francesco, povera essa stessa in una spoliazione di privilegi e di interessi per proclamare con forza «Beati voi poveri» e «Guai a voi ricchi». Sono parole taglienti come una spada! Queste due espressioni usate da Gesù devono farci meditare e soprattutto devono provocare in ciascuno di noi un salutare discernimento. Facendo un attento e scrupoloso esame di coscienza noi rientriamo nella categoria dei «beati» o di «coloro che devono stare attenti»? Geremia, nella prima lettura, scrive: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo […], allontanando il suo cuore dal Signore». Noi in chi confidiamo? In Dio o nell’uomo? In Dio o nella ricchezza?
Sorge spontanea una domanda: chi è beato, felice? Il ricco che giorno dopo giorno vede aumentare la sua ricchezza, il suo amore per se stesso, per beni materiali, o il povero che nella sua indigenza, non accumula tesori in terra ma in cielo? Oggi, accanto a tante persone che purtroppo vivono al limite della sopravvivenza; accanto a coloro che cercano di essere solidali e di promuovere la legalità, la giustizia, ci sono i mercanti di droghe, di armi, i corrotti sedotti dal fascino del denaro, ci sono quelli che speculano sulle medicine, sulla salute degli altri. La ricchezza di alcune persone è il frutto della povertà di altre; è frutto della violenza, dell’oppressione. Questa categoria di persone crede di essere felice, ma in realtà non lo è, perché la vera felicità consiste nell’aver fiducia nel Signore. Lui è la nostra vera e sola ricchezza.
La felicità, diceva Pascal, non è in noi, né fuori di noi. La felicità è in Dio che vive nel nostro cuore e ci offre tutto quello di cui abbiamo bisogno.
Chiediamo al Padre che ci aiuti a confidare sempre ed unicamente in lui e che le beatitudini, che ci rivelano il volto di Cristo Gesù, siano luce ai passi del nostro cammino.
Don Lucio D’Abbraccio
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