Vangelo del giorno – 6 Dicembre 2022 – don Antonello Iapicca

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LA FOLLE GIOIA DELLO SPOSO CHE PER SALVARE E PERDONARE LA SPOSA CHE L’HA TRADITO LASCIA OGNI SICUREZZA E LA CERCA SEGUENDO LE SUE TRACCE SINO AL FONDO DELLA SUA PERDIZIONE

La gioia autentica, la gioia sovrabbondante, quel “rallegrarsi di più” del pastore della parabola, ci è data come una primizia nel “ritrovare chi era perduto”! La gioia della misericordia, che significa viscere che gestano i cristiani a una vita celeste!

Essi, infatti, sono stati scelti, chiamati, perdonati, curati, formati ed eletti per vivere questo surplus di gioia del Pastore. Essa coincide con quella che vi è “nel Cielo”, come spiega il parallelo del vangelo di Luca: “Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. La nostra gioia che nessuno potrà più toglierci è proprio quella di essere stati ritrovati, la stessa dei discepoli la sera di Pasqua quando, sperduti come gregge senza Pastore, ne hanno “visto di nuovo” il volto.

Una gioia straripante sgorgava dal loro intimo nel contemplare le ferite che Gesù si era procurato per cercarli: con il sangue colato da quelle ferite aveva scritto in Cielo il nome di ciascun uomo per l’eternità. Quella era la gioia di cui aveva parlato ai discepoli rientrati dalla missione, ammonendoli di non rallegrarsi del potere di cui avevano disposto, nemmeno nel vedere satana precipitare come folgore. Ora quella gioia stava per compiersi. La vista del Signore l’aveva innescata, ma doveva ancora diventare la stessa “più gioia” del Pastore. Quegli undici apostoli impauriti siamo io e te, sono immagine della Chiesa.

Ma, in loro, Gesù ha ritrovato anche ogni altro uomo che ha perduto nei peccati l’immagine del Padre. Il Mistero Pasquale di Cristo, infatti, ha reso eredi legittimi di quella gioia tutti gli uomini di ogni generazione. Per questo il Signore risorto ha immediatamente colmato e rivestito di Spirito Santo la grande gioia degli apostoli, rendendola come la sua stessa gioia. Ha così trasformato quelle pecore ritrovate in pastori inviati esattamente “come il Padre ha inviato Lui”.

A “lasciare sui monti le novantanove ritrovate”, ad affidarle cioè alla Scrittura di cui “i monti” sono immagine e ai sacramenti che scaturiscono dal monte Golgota, perché non si “smarriscano”. E ad uscire per cercare la pecora perduta. Quanti fratelli mancano all’appello del nostro cuore! Nelle parole di Gesù è svelato il mistero dell’amore soprannaturale che, prendendo dimora nel cristiano per mezzo dello Spirito Santo, fa di lui una scintilla celeste che scuote il mondo, per “splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola della vita”.

Per una imperscrutabile volontà di Dio alcuni sono stati chiamati alla Chiesa, ed eletti a far parte del Popolo santo che ha gli stessi sentimenti di Gesù. La Chiesa avvinta dallo Spirito Santo, che la Carità di Cristo “urge”, sospinge incessantemente” a cercare la pecora perduta annunciando il Vangelo a ogni creatura. Per questo i cristiani, come Gesù, sono sempre santamente inquieti, aspirando alla gioia “più grande”, più dello stesso sentirsi amati e perdonati.

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