Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori
Il Vangelo di Matteo ci fa conoscere la vicenda personale dell’apostolo. Matteo era chiamato con il nome di Levi e svolgeva un mestiere ritenuto infamante dai suoi concittadini. Era esattore e in quanto tale riscuoteva le tasse per conto dei romani. Con disprezzo gli esattori erano chiamati “pubblicani”. Essi erano, in genere, corrotti ed esosi. Lui stesso ci dice che «Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì». Osserviamo che Gesù non ha guardato con disprezzo quest’uomo, come facevano tutti, non è andato oltre. L’evangelista sottolinea che lo vide e gli disse «seguimi». Bastò questa sola parola e Matteo «si alzò e lo seguì». La sua chiamata sembra una fulminazione. Il pubblicano Matteo abbandona tutto per il Signore. Fino a quel momento aveva pensato solo ad accumulare ricchezze per sé. Dopo la chiamata non fece altro che seguire Gesù. Abbandonare ogni cosa non fu per lui un sacrificio, al contrario, fu una festa, una gioia. Matteo continua dicendo che «mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli». Matteo, dunque, è così contento di essere alla sequela di Gesù che organizza subito un pranzo con il Maestro e con i suoi amici pubblicani e peccatori. Ovviamente non mancarono critiche da parte dei farisei i quali «vedendo ciò, dicevano ai suoi discepoli: “Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Udito questo, disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti ma i peccatori». Gesù con questa risposta ci vuol far capire che tutti, nessuno escluso, possono essere toccati nel cuore e convertirsi, cambiare vita, a partire dai peccatori.
Tutti noi siamo chiamati, come Matteo, a seguire Gesù. «Seguimi» è la parola di ogni chiamata alla fede, all’apostolato, ad imitare Gesù che si fa servo dei poveri, che soffre sulla croce, che è emarginato e perseguitato. Per il cristiano, una volta accolta la fede, tutta la vita diventa un seguire Gesù in ogni situazione dell’esistenza con prontezza e fiducia. Matteo non si è fatto pregare, non ha titubato di fronte alla chiamata. La sua risposta così veloce e totale ci interroga sui nostri tanti dubbi a fidarci di Gesù nella vita quotidiana. Quando però si lascia tutto per Lui non si prova più vergogna, né tristezza e si può fare festa con tutti. Pensiamo a san Francesco il quale, nella pubblica piazza in Assisi, rifiutò ogni bene terreno per seguire il Signore. Per lui non fu una tristezza ma una gioia.
Matteo, attraverso questa pagina del Vangelo che porta il suo some, ci ricorda la centralità della Parola di Dio: basta una sola parola, come fu per lui, per farci cambiare vita. Ascoltiamola e imitando il suo esempio poniamoci anche noi alla sequela di Cristo Signore.
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Mt 9, 9-13
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Fonte: LaSacraBibbia.net