MESSA DELLA NOTTE
Non temete: è nato per voi un Salvatore
Siamo qui riuniti in questa notte santa per accogliere il Bambino Gesù, luce vera che illumina ogni persona. In questa beata notte hanno esultato di gioia Maria e Giuseppe, gli angeli e i pastori. Perché c’è così tanta esultanza per questo Bambino che è nato? Chi è questo Bambino?
Il profeta Isaia (I Lettura) ne parla in questo modo: «…un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace». L’evangelista Luca ci dice che l’angelo del Signore dà questa lieta notizia ai pastori che stanno vegliando di notte, facendo la guardia al loro gregge: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore».
Questo Bambino è dunque il Salvatore, il Cristo, il Messia, l’Emmanuele! L’apostolo Paolo, scrivendo al discepolo Tito (II Lettura) ricorda il significato del Natale: «Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà».
Il Signore Gesù Cristo, l’unigenito Figlio di Dio, colui che era stato annunciato dai profeti, è nato e, dopo la sua nascita, è stato avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. A quella mangiatoia arrivarono senza indugio i pastori svegliati nella notte dalla luce e dalle parole dell’angelo. Ai tempi di Gesù, quella dei pastori è una classe sociale insignificante; coloro che contavano erano gli scribi, i dottori della legge, i sacerdoti. Ma proprio ai pastori, ultimi fra gli ultimi, è rivolto per primi il lieto annunzio della salvezza.
A Betlemme Dio sceglie l’umiltà. L’orgoglio, la superbia, l’egoismo, sono la fonte dei problemi e dell’ infelicità dell’uomo. A Betlemme Dio sceglie la povertà. L’uomo, purtroppo, fa della vita una ricerca sfrenata del denaro, del potere, del successo. Tutto ciò ci porta a non essere liberi ma schiavi. Il Signore non ci dice che dobbiamo rifiutare il denaro, ma ci invita a non farlo diventare un idolo, a non metterlo al primo posto nel nostro cuore. La povertà, l’umiltà che Gesù ci propone, dunque, ci rende liberi, sereni, gioiosi. Pensiamo a san Francesco d’Assisi il quale, percorrendo docilmente la via della libertà, è diventato l’immagine stessa della letizia!
A Betlemme Dio sceglie la mitezza. Il Bambino Gesù è stato rifiutato, perseguitato. Pensiamo a tutti coloro che credono che la violenza, il potere, possa risolvere i nostri problemi. Quanti si sentono forti quando dominano, opprimono, schiacciano il prossimo, sfruttano o compiono violenze non solo sui bambini ma anche sugli adulti. Gesù invece stanotte, e non solo stanotte, ci dice che il vero forte è il paziente, il mite perché la pazienza e la mitezza sono la forza che sconfigge la violenza.
Poniamoci, allora, una domanda: noi da che parte vogliamo stare, Betlemme o Erode?
Erode era un re potente, orgoglioso, però oggi è all’ultimo posto; Cristo, invece, era considerato ultimo ed è invece il centro della storia umana. Erode, uomo violento, tiranno, ha perso la battaglia; Cristo, il mite, ha trionfato sui tiranni e sui prepotenti.
Chiediamo al Signore che ci aiuti a confidare non in opere di giustizia da noi compiute ma nella sua misericordia affinché possiamo fare la giusta scelta.
MESSA DELL’AURORA
Trovarono il bambino adagiato nella mangiatoia
Apprendiamo dal racconto evangelico che attorno al Bambino in fasce, che è adagiato nella mangiatoia, si accostano tre gruppi di persone: ci sono i molti che si stupiscono delle cose che i pastori dicevano: «Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori»; ci sono i pastori che vengono illuminati dall’annunzio evangelico: «Appena gli angeli si furono allontanati da loro, […], i pastori dicevano l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia». I pastori, dunque, vanno e credono in quel bambino come Salvatore e ne diventano testimoni e annunciatori; infine ci sono Giuseppe e Maria.
Di Maria è scritto che «da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Durante il suo episcopato ad Ippona, sant’Agostino ai fedeli raccolti in assemblea liturgica chiedeva: «Sei con i pastori che glorificano e lodano, sei con Maria che conserva e medita oppure sei solo con chi si stupisce?». Noi con chi siamo?
Maria, da parte sua, sa che il suo bambino è il figlio di Dio, tuttavia rimane meravigliata di tutto quello che succede. L’atteggiamento della Vergine, che l’evangelista Luca rileva nei racconti del Natale, è quello di una madre che conserva nel cuore tutto ciò che accade.
Il silenzio, l’ascolto, la meditazione, la preghiera, sono essenziali per una autentica vita di fede. Il ritmo frenetico della vita imposto dalla nostra cultura sembra rendere impossibile tutto ciò. Tanti, di fronte all’invito di ritagliarsi un tempo di incontro personale con il Signore, rispondono che sarebbe bello, ma non ci riescono. Però il tempo per noi o per divertirci lo si trova.
Ai pastori, per primi, che formano la prima assemblea orante presso la grotta dove giace il Salvatore del mondo, è annunciata la buona Novella. Perché proprio ai pastori?
Al tempo della nascita di Gesù i pastori erano disprezzati ed emarginati, perché considerati peccatori, fino al punto di essere esclusi dal tempio e di non poter testimoniare in tribunale. Assimilati ai pubblicani, secondo i maestri della Legge, non potevano ottenere la salvezza. Proprio a loro è annunciata la nascita del Messia perché Gesù è venuto ad evangelizzare principalmente i poveri, gli esclusi, gli emarginati, gli ultimi. Essi conoscevano bene la propria condizione nei confronti della Legge e certamente sono rimasti stupiti di questa predilezione nei loro confronti. Dopo il primo stupore accolgono l’annuncio. Possiamo dire che essi, dopo aver ascoltato l’annuncio, sono i primi credenti. Questi pastori sono amorosamente accolti da colui per il quale non c’è posto nell’albergo; il non accolto accoglie per primi coloro che la società aveva espulso, emarginato.
Facciamo un attento esame di coscienza e cerchiamo di accogliere nel nostro cuore Cristo che è la luce del mondo. Il Signore continua ad accogliere ogni persona che si avvicina a lui, nonostante i suoi limiti, i suoi peccati, le sue infedeltà.
Sentiamoci accolti sempre. Anche nei momenti più difficili della vita sentiamoci fra le braccia del Signore, non perdiamoci di coraggio ma riponiamo la nostra speranza in lui, che è l’Emmanuele, Dio-con-noi.
MESSA DEL GIORNO
Il Verbo si fece carne
Nel giorno di Natale la liturgia della Parola ci propone, attraverso le tre celebrazioni eucaristiche, della notte, dell’aurora e del giorno, una triplice offerta di letture. Nella notte la «buona notizia» è presentata come nascita di Gesù da Maria a Betlemme, avvenimento rivelato dall’angelo ai pastori, quei poveri che rappresentano il «resto di Israele». All’aurora viene narrata la visita dei pastori alla stalla, la loro contemplazione davanti al Salvatore del mondo e, l’evangelista Luca, ricorda che «Maria custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore».
Nella messa del giorno infine, quella che stiamo celebrando, si legge il prologo dell’evangelista Giovanni, su cui riflettiamo: questo testo ci rivela che quel Bambino venuto al mondo in verità è la Parola stessa di Dio, è il Figlio vivente in Dio dall’eternità, come confessiamo nella nostra professione di fede: «Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero». Nel prologo san Giovanni ci dice chi è la Parola, il Logos di Dio.
«In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste».
In principio, prima di tutta la creazione, nell’eternità, c’era la Parola e questa Parola era in Dio ed era Dio. Proprio attraverso questa Parola di Dio tutto è stato creato. Questa Parola era vita e luce per l’umanità intera: essa ha brillato di luce nella storia e le tenebre non sono riuscite a sopraffarla: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta». San Giovanni prosegue dicendo: «Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni». L’evangelista si riferisce al Battista, il quale era venuto per essere testimone della luce, ossia per ricondurre gli uomini alla fede: «Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui». Eppure questa luce, che è il Figlio di Dio venuto tra la sua gente, non è stato accolto, e solo alcuni hanno creduto in lui diventando figli di Dio: «Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». Ciò è avvenuto perché il Figlio di Dio, per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel seno della Vergine Maria, si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Nella lettera agli Ebrei (II Lettura) si afferma che Dio, che aveva parlato molte volte e in diversi modi nei tempi antichi, oggi ha deciso di rivolgersi a noi attraverso il Figlio, Parola fatta carne, perché potesse essere compreso più pienamente dall’umanità.
L’evangelista Giovanni nel versetto conclusivo del prologo scrive: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato». Ciò che era vero nei tempi antichi, lo è oggi, così come lo sarà nel futuro; solo quando moriremo lo vedremo così come egli è (1 Gv 3, 2). Ma con la venuta di Dio in mezzo a noi attraverso il suo Figlio unigenito, Cristo Gesù, contemplandolo nelle sue parole e nelle sue azioni, seguendolo dalla sua nascita alla sua morte in croce, noi nella fede possiamo vedere Dio, perché proprio il suo Figlio che si è fatto uomo, ce lo ha narrato e spiegato. Infatti lo stesso Cristo dirà: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 14, 9).
In questo consiste il cristianesimo, cioè la nostra fede è adesione a un Dio-uomo, Gesù Cristo e, attraverso di lui, a Dio: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14, 6).
Chiediamo a Dio nostro Padre, di ascoltare le nostre preghiere e di concedere a quanti oggi celebrano con gioia la nascita del Verbo fatto carne, di vivere liberi da ogni male e di accogliere la Luce nel nostro cuore. Questo e soltanto questo significa Natale!