Valutazione Pastorale del film “Joker”

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Leone d’oro alla 76a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia. Il film ha ottenuto un divieto ministeriale per i minori di 14 anni.

Interpreti e ruoli

Joaquin Phoenix (Arthur Fleck | Joker), Robert De Niro (Murray Franklin), Zazie Beetz (Sophie Dumond), Frances Conroy (Penny Fleck), Brett Cullen (Thomas Wayne)

Soggetto

Arthur Fleck è un quarantenne solitario che di mestiere fa il clown tra feste ed eventi promozionali. A casa ad attenderlo c’è l’anziana madre, malata e dalla salute mentale precaria. Il suo sogno è dedicarsi alla Stand-Up Comedy. Tutto però va male: perde il lavoro, vengono tagliati i servizi di assistenza sociale (è in cura con una psicologa per depressione e fragilità emotiva) e affiorano traumi dal passato. L’uomo si sente un rifiutato dalla società, respinto, così vede davanti a sé solamente la vendetta….

Valutazione Pastorale

Segna un punto di svolta nella carriera del regista newyorkese Todd Phillips (classe 1970) il film “Joker” – Leone d’oro alla 76a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia – dopo titoli all’insegna dell’adrenalina ma dalla sostanza più evanescente: suoi sono i tre film “Una notte da leoni” e il remake “Starsky & Hutch”. Con “Joker” Philips sconfina i generi cinematografici di riferimento: l’opera, infatti, che si potrebbe definire come un prequel o spin-off del ciclo filmico dedicato a Batman (prendendo le mosse dai fumetti della DC Comics), abbandona in questa versione il fantasy per virare su un realismo drammatico; sembra muoversi in una direzione già tracciata da Christopher Nolan nella sua trilogia “Batman.

Il cavaliere oscuro” (2005-2013). Di fatto, il suo “Joker” si spinge ben oltre, componendo un quadro di denuncia nei confronti della società odierna, così distante dagli ultimi e da coloro che vivono nella precarietà, abbandonati in un limbo di angosce. Quello che colpisce di più di “Joker” è proprio questa carica di denuncia e di realismo sociale. Non un prevedibile canovaccio da fumetto, giocato schematicamente sui temi del bene e del male, ma un atto d’accusa contro la società odierna: contro la politica dello scarto, la scellerata messa ai margini di chi vive una condizione di povertà e problematicità. Arthur per buona parte del film non è affatto un personaggio connotato negativamente, anzi. È la figura dell’uomo solo in un mondo indifferente e respingente. Da questo punto di vista “Joker” compone un quadro di denuncia degno di un cinema di impegno civile.

Ma qualcosa poi sbanda… Cosa non funziona? Nel corso della narrazione matura una modalità di racconto a tesi, per cui lo spettatore arriva a una forte identificazione con il travaglio interiore di Arthur. Una soluzione pericolosissima quando l’uomo si abbandona al Male: la sua scelta di rispondere alle vessazioni subite con ferma violenza, con lucida vendetta, non ammette vie di fuga per chi guarda. Da ciò deriva la necessità di usare molta accortezza nel proporre il film a un pubblico di minori, che non posseggono ancora tutti gli strumenti di decodifica al pari degli adulti. Nonostante la sua forza e bellezza visivo-narrativa, “Joker” è tematicamente spinoso e insidioso: il film prende una piega pericolosa, perché sembra quasi indulgere o parteggiare per la reazione violenta del protagonista. Il Male diventa così una scelta inevitabile per sopravvivere in un mondo difficile o ingiusto. E questo è rischioso. Al di là di ciò, merita di essere richiamata la performance attoriale di Joaquin Phoenix (camaleontico interprete di “Il gladiatore”, “Walk the Line”, “The Master” e “Her”). La sua interpretazione di Joker è di sensazionale bravura: oltre alla trasformazione fisica, al lavoro minuzioso sulla delirante risata del clown, Phoenix è riuscito a restituire tanto la stratificazione di traumi e solitudine del personaggio quanto il suo deragliamento psicologico.

Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come complesso, problematico e da gestire con cautela in presenza di minori.

Utilizzazione

Occorre adottare molta accortezza nella programmazione per un pubblico di minori, che non posseggono ancora tutti gli strumenti di decodifica al pari degli adulti. Il film infatti presenta anche un divieto dalle commissioni ministeriali per i minori di 14 anni.

Un ulteriore approfondimento è stato fatto da Claudio Zonta S.I. per “La Civiltà Cattolica” dal quale traggo questo scritto (che può essere letto nella sua completezza sul sito della Civiltà):

[…] Sofferenza individuale e strutturale

Il film, pur nella sua tragicità e violenza, apre a importanti considerazioni che possono aiutare a comprendere anche alcune dinamiche presenti nella società contemporanea. Arthur è all’interno di una società ingiusta e spietata: sin dagli inizi del film le inquadrature si soffermano su scene di violenza che accadono nella città, in un’atmosfera che ricorda Taxi driver (1976). Il protagonista, pur nei suoi colori sgargianti di clown, è invisibile alla società, ad eccezione dei momenti in cui viene scatenata la violenza verbale e fisica, come accade all’interno della metropolitana quando egli attira con la sua strana risata tre giovani ben vestiti che, dopo aver infastidito una ragazza, lo attaccano, innescando la sua violenza omicida. […]