Gesù,
piccolo come uno di noi,
vulnerabile e nudo,
a metà fra nascita e morte,
fra silenzio e parola;
un uomo
venuto dalla polvere,
tessuto di fuoco,
di vento e d’acqua,
fra un ventre di donna
e quello della terra;
un figlio d’uomo,
per pochi istanti
in piedi, ritto
fra i sassi e le stelle;
che uomo
che va per la sua strada
fra una locanda chiusa
e quella di Emmaus;
un uomo
fra ieri e domani,
con la fatica addosso,
con lacrime di gioia negli occhi,
e talvolta un singhiozzo
che gli traversa la gola
– e per piangere
se ne va in disparte;
soltanto un uomo,
che ha paura di morire
come tutti,
e lo dice,
ed è morto infatti,
abbandonato da tutti,
abbandonato dal suo Dio,
lasciato a se stesso;
un uomo
senz’armi né armatura,
indifeso come il vento,
parola offerta,
seme nascosto,
sale della terra,
fiamma sul monte
piegata dalla tempesta
e mai spenta,
fonte viva
mille volte calpestata,
ancora chiara e fresca,
sempre pronta
per la nostra sete,
vino pronto
a essere servito,
pane spezzato
pronto sulla tavola;
un uomo,
carne e sangue
in mano ai fratelli,
sotto l’ala dello Spirito,
in mano a Dio:
uomo fra gli uomini,
nella sua solitudine
dove l’amore
improvvisamente
si accende come il fuoco
in un fascio di ginestre,
si attacca come la brina
ai rami di biancospino;
un uomo
immenso,
che è nato da Dio,
che è tutto l’uomo
e che è Dio,
che è noi stessi,
tutti e ciascuno;
in lui noi siamo
e senza di lui
non saremmo nulla,
o ben poco;
in lui noi siamo,
coronati di gloria,
vestiti di forza,
appena di sopra degli angeli
e poco meno di Dio;
Gesù, l’uomo
Nel quale anche noi possiamo dire:
come un prodigio mi hai fatto
e prodigiose
sono le tue opere, o Dio!
Didier Rimaud