Quando: 05 novembre 2008 | Dove: Piazza San Pietro (Roma) | Durata: 00:31:19:39
Cari fratelli e sorelle,
โSe Cristo non รจ risorto, vuota allora รจ la nostra predicazione, vuota anche la vostra fedeโฆ e voi siete ancora nei vostri peccatiโ (1 Cor 15,14.17). Con queste forti parole della prima Lettera ai Corinzi, san Paolo fa capire quale decisiva importanza egli attribuisse alla risurrezione di Gesรน. In tale evento infatti sta la soluzione del problema posto dal dramma della Croce. Da sola la Croce non potrebbe spiegare la fede cristiana, anzi rimarrebbe una tragedia, indicazione dellโassurditร dellโessere. Il mistero pasquale consiste nel fatto che quel Crocifisso โรจ risorto il terzo giorno secondo le Scrittureโ (1 Cor 15,4) โ cosรฌ attesta la tradizione protocristiana. Sta qui la chiave di volta della cristologia paolina: tutto ruota attorno a questo centro gravitazionale. Lโintero insegnamento dellโapostolo Paolo parte dal e arriva sempre al mistero di Colui che il Padre ha risuscitato da morte. La risurrezione รจ un dato fondamentale, quasi un assioma previo (cfr 1 Cor 15,12), in base al quale Paolo puรฒ formulare il suo annuncio (kerygma) sintetico: Colui che รจ stato crocifisso, e che ha cosรฌ manifestato lโimmenso amore di Dio per lโuomo, รจ risorto ed รจ vivo in mezzo a noi.
Eโ importante cogliere il legame tra lโannuncio della risurrezione, cosรฌ come Paolo lo formula, e quello in uso nelle prime comunitร cristiane prepaoline. Qui davvero si puรฒ vedere lโimportanza della tradizione che precede lโApostolo e che egli, con grande rispetto e attenzione, vuole a sua volta consegnare. Il testo sulla risurrezione, contenuto nel cap. 15,1-11 della prima Lettera ai Corinzi, pone bene in risalto il nesso tra โricevereโ e โtrasmettereโ. San Paolo attribuisce molta importanza alla formulazione letterale della tradizione; al termine del passo in esame sottolinea: โSia io che loro cosรฌ predichiamoโ (1 Cor 15,11), mettendo con ciรฒ in luce lโunitร del kerigma, dellโannuncio per tutti i credenti e per tutti coloro che annunceranno la risurrezione di Cristo. La tradizione a cui si ricollega รจ la fonte alla quale attingere. Lโoriginalitร della sua cristologia non va mai a discapito della fedeltร alla tradizione. Il kerigma degli Apostoli presiede sempre alla personale rielaborazione di Paolo; ogni sua argomentazione muove dalla tradizione comune, in cui sโesprime la fede condivisa da tutte le Chiese, che sono una sola Chiesa. E cosรฌ san Paolo offre un modello per tutti i tempi sul come fare teologia e come predicare. Il teologo, il predicatore non crea nuove visioni del mondo e della vita, ma รจ al servizio della veritร trasmessa, al servizio del fatto reale di Cristo, della Croce, della risurrezione. Il suo compito รจ aiutarci a comprendere oggi, dietro le antiche parole, la realtร del โDio con noiโ, quindi la realtร della vera vita.
Eโ qui opportuno precisare: san Paolo, nellโannunciare la risurrezione, non si preoccupa di presentarne unโesposizione dottrinale organica โ non vuol scrivere quasi un manuale di teologia โ ma affronta il tema rispondendo a dubbi e domande concrete che gli venivano proposte dai fedeli; un discorso occasionale dunque, ma pieno di fede e di teologia vissuta. Vi si riscontra una concentrazione sullโessenziale: noi siamo stati โgiustificatiโ, cioรจ resi giusti, salvati, dal Cristo morto e risorto per noi. Emerge innanzitutto il fatto della risurrezione, senza il quale la vita cristiana sarebbe semplicemente assurda. In quel mattino di Pasqua avvenne qualcosa di straordinario, di nuovo e, al tempo stesso, di molto concreto, contrassegnato da segni ben precisi, registrati da numerosi testimoni. Anche per Paolo, come per gli altri autori del Nuovo Testamento, la risurrezione รจ legata alla testimonianza di chi ha fatto unโesperienza diretta del Risorto. Si tratta di vedere e di sentire non solo con gli occhi o con i sensi, ma anche con una luce interiore che spinge a riconoscere ciรฒ che i sensi esterni attestano come dato oggettivo. Paolo dร perciรฒ โ come i quattro Vangeli โ fondamentale rilevanza al tema delle apparizioni, le quali sono condizione fondamentale per la fede nel Risorto che ha lasciato la tomba vuota. Questi due fatti sono importanti: la tomba รจ vuota e Gesรน รจ apparso realmente. Si costituisce cosรฌ quella catena della tradizione che, attraverso la testimonianza degli Apostoli e dei primi discepoli, giungerร alle generazioni successive, fino a noi. La prima conseguenza, o il primo modo di esprimere questa testimonianza, รจ di predicare la risurrezione di Cristo come sintesi dellโannuncio evangelico e come punto culminante di un itinerario salvifico. Tutto questo Paolo lo fa in diverse occasioni: si possono consultare le Lettere e gli Atti degli Apostoli dove si vede sempre che il punto essenziale per lui รจ essere testimone della risurrezione. Vorrei citare solo un testo: Paolo, arrestato a Gerusalemme, sta davanti al Sinedrio come accusato. In questa circostanza nella quale รจ in gioco per lui la morte o la vita, egli indica quale รจ il senso e il contenuto di tutta la sua predicazione: โIo sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei mortiโ (At 23,6). Questo stesso ritornello Paolo ripete continuamente nelle sue Lettere (cfr 1 Ts 1,9s; 4,13-18; 5,10), nelle quali fa appello anche alla sua personale esperienza, al suo personale incontro con Cristo risorto (cfr Gal 1,15-16; 1 Cor 9,1).
Ma possiamo domandarci: qual รจ, per san Paolo, il senso profondo dellโevento della risurrezione di Gesรน? Che cosa dice a noi a distanza di duemila anni? Lโaffermazione โCristo รจ risortoโ รจ attuale anche per noi? Perchรฉ la risurrezione รจ per lui e per noi oggi un tema cosรฌ determinante? Paolo dร solennemente risposta a questa domanda allโinizio della Lettera ai Romani, ove esordisce riferendosi al โVangelo di Dio โฆ che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santitร in virtรน della risurrezione dei mortiโ (Rm 1,3-4). Paolo sa bene e lo dice molte volte che Gesรน era Figlio di Dio sempre, dal momento della sua incarnazione. La novitร della risurrezione consiste nel fatto che Gesรน, elevato dallโumiltร della sua esistenza terrena, viene costituito Figlio di Dio โcon potenzaโ. Il Gesรน umiliato fino alla morte di croce puรฒ dire adesso agli Undici: โMi รจ stato dato ogni potere in cielo e in terraโ (Mt 28, 18). Eโ realizzato quanto dice il Salmo 2, 8: โChiedi a me, ti darรฒ in possesso le genti e in dominio i confini della terraโ. Perciรฒ con la risurrezione comincia lโannuncio del Vangelo di Cristo a tutti i popoli โ comincia il Regno di Cristo, questo nuovo Regno che non conosce altro potere che quello della veritร e dellโamore. La risurrezione svela quindi definitivamente qual รจ lโautentica identitร e la straordinaria statura del Crocifisso. Una dignitร incomparabile e altissima: Gesรน รจ Dio! Per san Paolo la segreta identitร di Gesรน, piรน ancora che nellโincarnazione, si rivela nel mistero della risurrezione. Mentre il titolo di Cristo, cioรจ di โMessiaโ, โUntoโ, in san Paolo tende a diventare il nome proprio di Gesรน e quello di Signore specifica il suo rapporto personale con i credenti, ora il titolo di Figlio di Dio viene ad illustrare lโintimo rapporto di Gesรน con Dio, un rapporto che si rivela pienamente nellโevento pasquale. Si puรฒ dire, pertanto, che Gesรน รจ risuscitato per essere il Signore dei morti e dei vivi (cfr Rm 14,9; e 2 Cor 5,15) o, in altri termini, il nostro Salvatore (cfr Rm 4,25).
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Tutto questo รจ gravido di importanti conseguenze per la nostra vita di fede: noi siamo chiamati a partecipare fin nellโintimo del nostro essere a tutta la vicenda della morte e della risurrezione di Cristo. Dice lโApostolo: siamo โmorti con Cristoโ e crediamo che โvivremo con lui, sapendo che Cristo risorto dai morti non muore piรน; la morte non ha piรน potere su di luiโ (Rm 6,8-9). Ciรฒ si traduce in una condivisione delle sofferenze di Cristo, che prelude a quella piena configurazione con Lui mediante la risurrezione a cui miriamo nella speranza. Eโ ciรฒ che รจ avvenuto anche a san Paolo, la cui personale esperienza รจ descritta nelle Lettere con toni tanto accorati quanto realistici: โPerchรฉ io possa conoscere Lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai mortiโ (Fil 3,10-11; cfr 2 Tm 2,8-12). La teologia della Croce non รจ una teoria โ รจ la realtร della vita cristiana. Vivere nella fede in Gesรน Cristo, vivere la veritร e lโamore implica rinunce ogni giorno, implica sofferenze. Il cristianesimo non รจ la via della comoditร , รจ piuttosto una scalata esigente, illuminata perรฒ dalla luce di Cristo e dalla grande speranza che nasce da Lui. SantโAgostino dice: Ai cristiani non รจ risparmiata la sofferenza, anzi a loro ne tocca un poโ di piรน, perchรฉ vivere la fede esprime il coraggio di affrontare la vita e la storia piรน in profonditร . Tuttavia solo cosรฌ, sperimentando la sofferenza, conosciamo la vita nella sua profonditร , nella sua bellezza, nella grande speranza suscitata da Cristo crocifisso e risorto. Il credente si trova perciรฒ collocato tra due poli: da un lato, la risurrezione che in qualche modo รจ giร presente e operante in noi (cfr Col 3,1-4; Ef 2,6); dallโaltro, lโurgenza di inserirsi in quel processo che conduce tutti e tutto verso la pienezza, descritta nella Lettera ai Romani con unโardita immagine: come tutta la creazione geme e soffre quasi le doglie del parto, cosรฌ anche noi gemiamo nellโattesa della redenzione del nostro corpo, della nostra redenzione e risurrezione (cfr Rm 8,18-23).
In sintesi, possiamo dire con Paolo che il vero credente ottiene la salvezza professando con la sua bocca che Gesรน รจ il Signore e credendo con il suo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti (cfr Rm 10,9). Importante รจ innanzitutto il cuore che crede in Cristo e nella fede โtoccaโ il Risorto; ma non basta portare nel cuore la fede, dobbiamo confessarla e testimoniarla con la bocca, con la nostra vita, rendendo cosรฌ presente la veritร della croce e della risurrezione nella nostra storia In questo modo infatti il cristiano si inserisce in quel processo grazie al quale il primo Adamo, terrestre e soggetto alla corruzione e alla morte, va trasformandosi nellโultimo Adamo, quello celeste e incorruttibile (cfr 1 Cor 15,20-22.42-49). Tale processo รจ stato avviato con la risurrezione di Cristo, nella quale pertanto si fonda la speranza di potere un giorno entrare anche noi con Cristo nella vera nostra patria che sta nei Cieli. Sorretti da questa speranza proseguiamo con coraggio e con gioia.
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Saluto ora i pellegrini di lingua italiana e porgo a ciascuno un cordiale benvenuto. Con particolare affetto mi rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. La Chiesa ci invita in questi giorni a pregare per i nostri cari defunti e il loro ricordo ci invita a meditare sul mistero della morte e della vita eterna. Il pensiero della morte non sia per voi, cari giovani, motivo di tristezza, ma stimolo ad apprezzare e valorizzare appieno la vostra giovinezza, orientando sempre il vostro spirito ai valori spirituali che non periscono. Voi, cari ammalati, rinnovate costantemente la vostra fiducia nel Signore, sapendo che in ogni situazione siamo sempre nelle sue mani: Egli รจ per noi Padre buono e misericordioso. E voi, cari sposi novelli, traete dalla prospettiva della vita eterna un incoraggiamento a progettare la vostra famiglia lasciandovi guidare da Cristo e dal suo Vangelo.
ยฉ Copyright 2008 โ Libreria Editrice Vaticana
Fonte del podcast: Radio Vaticana via FeedRss
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