Entriamo nel Triduo Pasquale confrontandoci, come comunicatori, con la Passione di Cristo vista dagli occhi di Maria. In questo nuovo Tutorial, in collaborazione con la PAMI, Pontificia Accademia Mariana Internazionale, il presidente padre Stefano Cecchin spiega: «Ci stiamo preparando alla festa della Risurrezione di Cristo, la Pasqua, la festa della vita, della gioia, ma noi sappiamo bene che “il chicco caduto in terra se non muore non può portare frutto”: questa immagine è proprio l’immagine di Gesù che è venuto per farci diventare figli di Dio, ma avendo noi peccato Cristo offre, dona, tutta la sua vita per redimerci dal peccato».
«Questo sacrificio, questa offerta, questo Dio che dimostra il suo grande amore per noi regalandoci ciò che ha di più grande, suo figlio, ci fa pensare al tema della sofferenza». Ancora una volta Maria ci aiuta a entrare nel mistero: «Quando tutti hanno abbandonato Gesù, quando tutto sembra finito chi è presente? È Maria, la madre. Che cosa c’è di più atroce per una madre vedere morire il figli? Ma questa donna la troviamo lì forte, di fronte alla croce, che non vive il Venerdì Santo guardandolo da fuori, ma che compartecipa. Maria è la compassionevole, è l’Addolorata, è colei che soffre insieme a suo figlio». Maria ci mostra ciò che c’è oltre la Croce: «Questa sofferenza non è una sofferenza per il nulla: Gesù sta morendo per noi, sta donando la vita per noi, è il massimo dell’amore, e Maria che lo ha generato nella carne è colei che si unisce a questa sofferenza». Insomma, «non esiste un dolore che non ha senso, i dolori esistono ma hanno senso e valore se sono uniti al dolore di Cristo. Ed è qui che dobbiamo far capire che noi non siamo soli, Gesù ha vissuto una nostra vita, la nostra esperienza, per dare senso e valore a tutta la nostra vita, alla banalità della vita quotidiana come anche al dolore».
Maria è l’esempio da seguire anche nei momenti più difficili: «Tante volte dobbiamo chiederci: posso accettare la volontà di Dio? Certo, noi vogliamo che vada tutto bene, tante volte chiediamo a Dio quello che vogliamo noi, ma dobbiamo anche e soprattutto con il cuore di Maria essere disponibili a fare la sua volontà, perché anche la morte, anche la sofferenza fanno parte della nostra vita, e ci fanno comprendere che la vita che viviamo qui non è il tutto, ma che c’è una vita eterna, per cui ecco che tutto questo cammino, il dolore, la sofferenza, il sacrificio per noi credenti hanno un valore se li viviamo come Maria, totalmente uniti a quel suo figlio, totalmente uniti a Gesù, offrendo sempre ogni nostra sofferenza per il bene degli altri, per il bene della famiglia, per il bene dei figli, per il bene per le persone che amiamo, per il bene della Chiesa, per il bene del mondo in questa situazione. Allora la sofferenza ha un senso, un valore, per noi credenti solo se unita a Cristo».
Anche il dolore va raccontato nel modo giusto: «Come possiamo, noi comunicatori, ricordare che esiste la dimensione della sofferenza di fronte a un mondo che guarda solo al benessere? Di fronte alla sfida del Coronavirus che ci ha bloccati, come possiamo accogliere, accettare, vivere e offrire la sofferenza?». La risposta è concisa: «Guardando sempre alla croce di Cristo».