Cristiani semplici ed umili che hanno amato Cristo fino all’estremo sacrificio,
senza tirarsi indietro. Sono i nuovi martiri del XX secolo ricordati da
Benedetto XVI con la Celebrazione della Parola nella Basilica di San Bartolomeo
all’Isola Tiberina di Roma. Dal 1993 il luogo di culto, nel quale è stato
edificato il primo memoriale dei martiri del nostro tempo, è stato affidato da
Giovanni Paolo II alla Comunità di Sant’Egidio che festeggia isuoi primi 40 anni
di vita.
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MEMORIA DEI TESTIMONI DELLA FEDE DEL XX E XXI SECOLO
LITURGIA DELLA PAROLA
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina
Lunedì, 7 aprile 2008
Cari fratelli e sorelle,
questo nostro incontro nell’antica basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina
possiamo considerarlo come un pellegrinaggio alla memoria dei martiri del XX
secolo, innumerevoli uomini e donne, noti e ignoti che, nell’arco del Novecento,
hanno versato il loro sangue per il Signore. Un pellegrinaggio guidato dalla
Parola di Dio che, come lampada per i nostri passi, luce sul nostro cammino (cfr
Ps 119,105), rischiara con la sua luce la vita di ogni credente. Dal mio
amato Predecessore Giovanni Paolo II questo tempio fu appositamente destinato ad
essere luogo della memoria dei martiri del 900 e da lui affidato alla Comunità
di Sant’Egidio, che quest’anno rende grazie al Signore per il quarantesimo
anniversario dei suoi inizi. Saluto con affetto i Signori Cardinali e i Vescovi
che hanno voluto partecipare a questa liturgia. Saluto il Prof. Andrea Riccardi,
fondatore della Comunità di Sant’Egidio, e lo ringrazio per le parole che mi ha
rivolto; saluto il Prof. Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità,
l’Assistente, Mons. Matteo Zuppi, nonché Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di
Terni-Narni-Amelia.
In questo luogo carico di memorie ci chiediamo: perché questi nostri fratelli
martiri non hanno cercato di salvare a tutti i costi il bene insostituibile
della vita? Perché hanno continuato a servire la Chiesa, nonostante gravi
minacce e intimidazioni? In questa basilica, dove sono custodite le reliquie
dell’apostolo Bartolomeo e dove si venerano le spoglie di S. Adalberto, sentiamo
risuonare l’eloquente testimonianza di quanti, non soltanto lungo il 900, ma
dagli inizi della Chiesa vivendo l’amore hanno offerto nel martirio la loro vita
a Cristo. Nell’icona posta sull’altare maggiore, che rappresenta alcuni di
questi testimoni della fede, campeggiano le parole dell’Apocalisse: “Essi sono
coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione” (Ap 7,13). Al
vegliardo che chiede chi siano e donde vengano coloro che sono vestiti di
bianco, viene risposto che sono quanti “hanno lavato le loro vesti rendendole
candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7,14). E’ una risposta a prima vista
strana. Ma nel linguaggio cifrato del Veggente di Patmos ciò contiene un
riferimento preciso alla candida fiamma dell’amore, che ha spinto Cristo a
versare il suo sangue per noi. In virtù di quel sangue, siamo stati purificati.
Sorretti da quella fiamma anche i martiri hanno versato il loro sangue e si sono
purificati nell’amore: nell’amore di Cristo che li ha resi capaci di
sacrificarsi a loro volta per amore. Gesù ha detto: “Nessuno ha un amore più
grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Ogni
testimone della fede vive questo amore “più grande” e, sull’esempio del divino
Maestro, è pronto a sacrificare la vita per il Regno. In questo modo si diventa
amici di Cristo; così ci si conforma a Lui, accettando il sacrificio fino
all’estremo, senza porre limiti al dono dell’amore e al servizio della fede.
Facendo sosta presso i sei altari, che ricordano i cristiani caduti sotto la
violenza totalitaria del comunismo, del nazismo, quelli uccisi in America, in
Asia e Oceania, in Spagna e Messico, in Africa, ripercorriamo idealmente molte
dolorose vicende del secolo passato. Tanti sono caduti mentre compivano la
missione evangelizzatrice della Chiesa: il loro sangue si è mescolato con quello
di cristiani autoctoni a cui era stata comunicata la fede. Altri, spesso in
condizione di minoranza, sono stati uccisi in odio alla fede. Infine non pochi
si sono immolati per non abbandonare i bisognosi, i poveri, i fedeli loro
affidati, non temendo minacce e pericoli. Sono Vescovi, sacerdoti, religiose e
religiosi, fedeli laici. Sono tanti! Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, nella
celebrazione ecumenica giubilare per i nuovi martiri, tenutasi il 7 maggio del
2000 presso il Colosseo, ebbe a dire che questi nostri fratelli e sorelle nella
fede costituiscono come un grande affresco dell’umanità cristiana del ventesimo
secolo, un affresco delle Beatitudini, vissuto sino allo spargimento di sangue.
Ed era solito ripetere che la testimonianza di Cristo sino all’effusione del
sangue parla con voce più forte delle divisioni del passato.
E’ vero: apparentemente sembra che la violenza, i totalitarismi, la
persecuzione, la brutalità cieca si rivelino più forti, mettendo a tacere la
voce dei testimoni della fede, che possono umanamente apparire come sconfitti
della storia. Ma Gesù risorto illumina la loro testimonianza e comprendiamo così
il senso del martirio. Afferma in proposito Tertulliano: “Plures efficimur
quoties metimur a vobis: sanguis martyrumsemen christianorum – Noi ci moltiplichiamo ogni volta che siamo mietuti da voi: il sangue
dei martiri è seme di nuovi cristiani” (Apol., 50,13: CCL 1,171).
Nella sconfitta, nell’umiliazione di quanti soffrono a causa del Vangelo, agisce
una forza che il mondo non conosce: “Quando sono debole – esclama l’apostolo
Paolo -, è allora che sono forte” (2 Cor 12,10). E’ la forza dell’amore,
inerme e vittorioso anche nell’apparente sconfitta. E’ la forza che sfida e
vince la morte.
Anche questo XXI secolo si è aperto nel segno del martirio. Quando i cristiani
sono veramente lievito, luce e sale della terra, diventano anche loro, come
avvenne per Gesù, oggetto di persecuzioni; come Lui sono “segno di
contraddizione”. La convivenza fraterna, l’amore, la fede, le scelte in favore
dei più piccoli e poveri, che segnano l’esistenza della Comunità cristiana,
suscitano talvolta un’avversione violenta. Quanto utile è allora guardare alla
luminosa testimonianza di chi ci ha preceduto nel segno di una fedeltà eroica
sino al martirio! E in questa antica basilica, grazie alla cura della Comunità
di Sant’Egidio, è custodita e venerata la memoria di tanti testimoni della fede,
caduti in tempi recenti. Cari amici della Comunità di Sant’Egidio, guardando a
questi eroi della fede, sforzatevi anche voi di imitarne il coraggio e la
perseveranza nel servire il Vangelo, specialmente tra i poveri. Siate
costruttori di pace e di riconciliazione fra quanti sono nemici o si combattono.
Nutrite la vostra fede con l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio, con
la preghiera quotidiana, con l’attiva partecipazione alla Santa Messa.
L’autentica amicizia con Cristo sarà la fonte del vostro amore scambievole.
Sostenuti dal suo Spirito, potrete contribuire a costruire un mondo più
fraterno. La Vergine Santa, Regina dei Martiri, vi sostenga ed aiuti ad essere
autentici testimoni di Cristo.
Amen!
© Copyright 2008 – Libreria
Editrice Vaticana