Preparare vie nuove
Deve essere stato davvero un originale questo Giovanni, detto il Battista. Era vestito di peli di cammello e mangiava cavallette, ma soprattutto andava gridando parole forti, violente, di quelle che ti puntano il dito contro e ti prospettano un futuro fosco.
Eppure, Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrono da lui, lo ascoltano, si fanno battezzare, confessano i peccati. Persino molti farisei e sadducei vengono al suo battesimo, e proprio a loro Giovanni riserva le accuse più mordaci.
Anche noi rimaniamo un po’ perplessi di fronte a questo personaggio che ci sembra così lontano dall’annuncio di misericordia di Gesù, eppure la Chiesa ce lo propone come uno dei protagonisti dell’Avvento, e anche noi in fondo sentiamo di aver bisogno di lui e dello scossone che, senza esitazione e con forza, il Battista dà alla nostra tranquilla vita spirituale.
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Siamo tutti d’accordo: non si può costruire nulla di nuovo dove c’è già un edificio vecchio. Non si può accogliere dove non c’è spazio. Non si può accorgersi di un cambiamento se si è distratti, impegnati in altro. Il rischio c’è: il Signore viene, il regno dei cieli è vicino, è prossimo il tempo del raccolto… e noi siamo sempre quelli di prima, occupati a ripetere il già fatto, chiusi nelle nostre sicurezze, comodi o rassegnati abitanti di schemi che ci danno sicurezza ma non ci portano di certo a preparare vie nuove e a raddrizzare sentieri.
Giovanni Battista, un salutare scossone
Giovanni il Battista viene, con tutta la sua dirompente figura, a chiederci quanto siamo disposti a cambiare. Perché la venuta del Signore è sempre qualcosa di nuovo e, per farle spazio, è necessario guardare con onestà, forse anche con convinta critica, alle sicurezze sbagliate su cui ci appoggiamo, ai condizionamenti che non ci fanno liberi, all’idea di non aver bisogno – o peggio ancora, di non essere capaci – di cambiare.
Da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo, il suo agire può rompere schemi e durezze, fa cadere le finte protezioni e ci spinge a credere e a impegnarci perché con il suo aiuto si può fare di più, si può essere migliori.
E questa si chiama “conversione”.
La vera conversione è sollevare gli occhi da terra, accorgersi se abbiamo sbagliato strada, e avere il coraggio di cercarne un’altra, di tornare indietro, di cambiarla.
La vera conversione è accettare lo scossone di un rimprovero, di un’osservazione, e usarla per rivedere le nostre certezze, smascherando la finta scusa di “essere fatti così”. […]
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La foto di suor Chiara proviene dal sito “Parrocchie Lago di Caldonazzo“