Nell’adorazione eucaristica personale e comunitaria, ognuno di noi è posto alla presenza della realtà del corpo e sangue di Cristo. La nostra libertà, la nostra fede, è chiamata così ad uscire dal pericolo di una “solitudine”, di un ripiegamento su sé stessa. Inoltre, proprio perché siamo posti davanti a Gesù, il momento dell’adorazione eucaristica diviene anche occasione per educare alla celebrazione dell’eucarestia.
Raccogliendo la bella provocazione della lettera pastorale, potrebbe essere significativo inserire questa opportunità dell’adorazione eucaristica, dentro un pellegrinare, dentro un piccolo cammino. Partire da una piazza, o dall’oratorio, o dalla parrocchia, per camminare verso quella chiesa in cui si vivrà l’adorazione.
Vi invitiamo, quest’anno, nella misura del possibile, a prendersi cura di tre aspetti: accompagnare all’incontro, dare spazio alla dimensione personale dell’adorazione eucaristica, raccogliere i frutti della preghiera.
Per i discepoli di Emmaus, il cammino è luogo di discernimento, di messa a fuoco delle domande, delle fatiche, dei sensi di vuoto, delle ferite, dei desideri. Il cammino è una opportunità di decantazione, è l’occasione per “entrare nella preghiera”. Non sia un cammino troppo breve e per buona parte sia vissuto in silenzio. Nel luogo di partenza, salutarsi, accogliersi e introdursi con un canto o un salmo delle ascensioni. Poche parole, pochissimi minuti, il tempo necessario per incamminarsi insieme.
I due discepoli, raggiunti dal misterioso viandante, sono stati progressivamente chiamati ad uscire da un eccessivo ripiegamento su sé stessi e sono stati posti davanti all’Altro da me. Quando si arriva al luogo dell’adorazione, se l’ambiente lo permette, si potrebbero preparare degli spazi, dove, in silenzio, il giovane viene introdotto al mistero del corpo e sangue di Cristo. Ad esempio utilizzando qualche manifesto che riporti brani di Vangelo, oppure scritti di autori spirituali, oppure racconti di “miracoli eucaristici”. Si può creare un secondo luogo di decantazione, un ambiente che aiuti ad entrare nella preghiera. Il desiderio è di avvicinare la persona alla realtà del corpo e sangue di Cristo.
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Il Servizio per i Giovani e l’Università metterà a disposizione alcuni manifesti per rendere accoglienti gli spazi e sarà possibile acquistare singolarmente i testi che trovate di seguito.
L’ingresso nella stanza più interna del castello va curato, impreziosito, evidenziato, con qualche semplice elemento simbolico, con una scritta, per segnare ed indicare l’ingresso ad una “presenza”. è bene, se possibile, che, entrando, l’eucarestia sia già esposta. L’adorazione sia proposta per un tempo adeguato, tra i trenta e i sessanta minuti. Si può accompagnare l’adorazione con una domanda o con altri suggerimenti che trovate anche nel materiale proposto dal servizio giovani.
Il momento della riposizione sia vissuto tutti insieme. Un canto, un gesto, una preghiera comune, che metta in luce un aspetto della realtà del corpo di Cristo.
Anche il momento del rientro è importante e parte integrante del pellegrinare, come per i discepoli di Emmaus. Non è mai un “tornare indietro”. Sempre i discepoli se ne tornano “trasfigurati”. Anche fosse solo per la “fatica” del cammino. Sulla base dell’itinerario utilizzate, se possibile, parte del percorso per una condivisione. Rientrati, concludete con una preghiera insieme.
Capite quello che ho fatto per voi?
Alcuni discepoli, dopo il discorso in cui Gesù si era presentato come il Pane di Vita, avevano detto Questa parola è dura: chi può ascoltarla? (Gv 6,60) Non sorgono forse anche in noi domande simili ascoltando le proposte di Gesù ed il suo Vangelo?
Quasi rispondendo a queste nostre domande, durante l’ultima cena, Gesù lascia le parole e passa ai fatti, si alza da tavola, depone le sue vesti, e lava i piedi ai dodici. Lui è la Parola che si è svestita della sua divinità per chinarsi davanti a noi e lavarci i piedi, come uno schiavo (come avrebbe altrimenti potuto dirci qualcosa rimanendo nell’infinta distanza di Dio?). Ma ancora non ci è facile accoglierLo (lo sa bene Pietro!), capirlo e ci domanda:
CAPITE QUELLO CHE HO FATTO PER VOI?
Vi scriviamo da un Monastero: tanti associano alla nostra vita la noia, il sempre uguale; ma non è così perché mai sapremo comprendere e accogliere fino in fondo quello che ha fatto per noi Gesù. Capiamo infatti giorno per giorno qualcosa, a volte poi siamo distratte o ripiegate su di noi … Ma il segreto della vita nostra e di tutti è l’accoglienza stupita di un amore che ci precede e ci supera.
Lasciamoci dunque interrogare: Capite quello che ho fatto per voi? Anche la nostra beata Caterina – citando san Paolo – diceva: Non è donna di tanto ingegno che possa intendere una minima parte di quelle cose che Dio ha preparato a quelli che lo amano (cfr. 1Cor 2,9). Possiamo però capire che Gesù è per noi, opera per noi, prepara con amore qualcosa per noi … ogni giorno si china davanti a noi per lavarci i piedi ed il suo è il servizio disinteressato dello schiavo. A Lui interessa solamente donarci il suo amore, anche senza ritorno.
Capite quello che ho fatto per voi? Il suo amore è senza limiti. Forse per questo giunge a nascondersi nell’ostia consacrata, esposto all’incomprensione, ma capace di nutrirci di sé.
È possibile, personalmente oppure tutti insieme, concludere l’adorazione facendo nostre alcune parole delle beate Caterina e Giuliana:
Santissimo Corpo di Cristo cibo celestiale, Tu sei nutrimento dei nostri sentimenti.
Davanti a te, silenziosa ostia offerta al Padre e a noi, risuonano le parola di Paolo:
“Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”.
Grazie al tuo rimanere con noi perché noi possiamo rimanere con te nel nostro cuore palpita il tuo cuore, i nostri passi possono seguire i tuoi, le nostre mani ripetere i tuoi gesti,
il nostro dolore appoggiarsi al tuo,
la nostra speranza trovar forma nelle tue promesse, le nostre solitudini essere consolate,
la nostra gioia lodare la tua bontà. Umile Amoroso Cristo Crocifisso, offerto a noi e al Padre,
tu ci ripeti: “Venite a me
che sono umile e mansueto di cuore”, e così ci mostri che nella tua umiltà sei Via preparata per quanti ti amano,
Via che ci conduce a gustare ogni giorno
lo sconfinato orizzonte del tuo amore per noi.
Che cosa cercate? (Gv 1, 38)
Entra nella preghiera personale con queste parole:
Signore, sono qui davanti a Te.
Senza di Te non posso avere vita. è vero? Fatico a capirne il senso profondo.
Sono molto preso dalle “mie” cose e dal mio “piccolo mondo”. Attirami a Te. Apri il mio cuore all’ascolto.
Apri i miei orecchi sull’oltre del tuo mistero, sulla tua invisibile presenza in mezzo a noi.
è di Te che ho bisogno, della tua parola, del tuo pane, della tua Eucaristia. Fammi entrare nei tuoi sentimenti di lode e di gratitudine.
Insegnami a benedire il Padre in ogni cosa.
Dammi occhi di stupore, perché grande è il mistero.
Il Signore vede le nostre fatiche, i desideri più profondi del nostro cuore, e ci aiuta a conoscerli e a conoscerci ponendoci delle domande. Così nel Vangelo di Giovanni la sua prima parola è una domanda che rivolge ai due discepoli di Giovanni il Battista che lo seguivano: Che cosa cercate? Domanda che sentiamo rivolta anche a noi. Una domanda che apre un dialogo, che ci invita a chiederci: noi, che cosa veramente cerchiamo nella vita? E tu, Gesù, Che posto hai realmente nella vita? Cosa vorrei cambiare?
Altre due volte il Signore porrà questa domanda: ai nemici che vengono per catturarlo chiederà Chi cercate? (Gv 18,4.7), e nel giardino di Pasqua domanderà alla Maddalena che vuole abbracciarlo: Chi cerchi? (Gv 20,15). E sempre si consegna a noi per essere conosciuto, per essere catturato, per essere abbracciato … per essere mangiato.
Perché, Signore, ti sei rivestito delle apparenze di pane? Per insegnarti, ci risponde Cristo, che Io sono il Pane di vita, cioè l’alimento, il principio interiore, rinnovatore della tua effimera esistenza terrena. E perché, Signore, anche delle specie del vino Ti sei rivestito, chiede la nostra figliale curiosità; per soddisfare e inebriare la nostra sete di felicità? Sì, risponde il Signore; ma ancor più per farti pensare e partecipare alla separazione del mio corpo dal mio sangue, cioè alla mia passione, al mio sacrificio. L’Eucaristia è il memoriale della morte redentrice di Cristo. (San Paolo VI)
Nella chiesa del nostro Monastero di Romite Ambrosiane il tabernacolo porta scritta questa splendida frase di sant’Ambrogio Cristo è tutto per noi. È come se Gesù ci dicesse: Io sono il tuo pane, il tuo sostegno, la tua forza, la tua pace, la tua felicità!
Cari giovani, sentiteci vicine e in cammino con voi, meglio, accanto a voi nell’adorazione del Pane di vita.
Con voi e per voi preghiamo con queste parole scritte da san Paolo VI e che potete utilizzare per concludere la preghiera personale o comunitaria:
O Cristo, nostro unico mediatore,
Tu ci sei necessario,
o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita,
per conoscere il nostro essere
e il nostro destino, la via per seguirlo. Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria
e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.
Tu ci sei necessario,
o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi, per imparare l’amore vero
e per camminare nella gioia e nella forza della tua carità,
lungo il cammino della nostra via faticosa, fino all’incontro finale con te amato,
con te atteso,
con te benedetto nei secoli.
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