Ogni volta che leggo questo brano del vangelo resto sempre turbata dalla ottusità e meschinità dei giudei farisaici. Come non si può gioire che un uomo paralizzaro riprenda a camminare? Ebbene loro non gioiscono. Si arrabbiano che la guarigione sua avvenuta in giorno di sabato. Perché il sabato era consacrato a Dio e nessun tipo di lavoro doveva essere fatto per onorare Dio che lo aveva espressamente richiesto nel decalogo. Il paralitico guarito invece contraddice questa legge a causa di Gesù che gli dice di portarsi a spalla la sua lettiga (era considerato un lavoro qualsiasi azione manuale!).
Il cuore dell’uomo è sempre lo stesso :anche noi non gioiamo del bene fatto se non è secondo i nostri schemi mentali, oppure stiamo attenti al culto verso Dio con le nostre devozioni svuotate di senso ma non siamo attenti alle persone che soffrono e a cui potremmo dare occasioni per uscire dalla loro sofferenza. Questo tipo di fede non è evangelica. È una caricatura del vangelo. È sempre il rimprovero che Gesù ha fatto ai farisei.
Un’ altra considerazione ci viene dal personaggio guarito. Si aspettava tutti dagli altri. Non faceva nessuno sforzo per guarire. Era un soggetto passivo, la cui vita gli scorreva addosso senza solcarlo. Gesù lo scuote dal suo torpore capendo la sua rassegnazione e gli chiede se vuole guarire veramente. Insomma deve volere la sua guarigione, e volere è potere. Anche a noi oggi Gesù dice le stesse cose:se vuoi una vita migliore, degna di essere vissuta , deve metterci la tua parte, ti devi dar da fare. Ed è in questo tuo impegno che Dio può agire, non a prescindere da esso.
Oggi mi interrogo su due cose : la mia ipocrisia religiosa che chiude gli occhi alle necessità dei poveri e li apre davanti alle statue e all’altare e poi sulla mia passività nel cammino di guarigione interiore motivato dalla mia fede.
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade