In questa pagina di Vangelo ci sono diverse dicotomie: poco /molto, buono/ cattivo, fedele/ pigro, che ci stanno a dire il modo di pensare di Dio che è completamente diverso dal nostro. Gesù qui si serve della parabola dei talenti per dire che la vita con lui, il rapporto con lui è qualche cosa di vivo, qualcosa che porta fecondità… non è mai un rapporto sterile, idolatrico, idealistico.
I talenti sono le nostre potenzialità, sono la capacità che Dio ci dà della nostra umanità di portare frutto. Significa essere buoni a somiglianza dell’unico buono che è Dio, significa far fruttificare questa umanità redenta da Cristo della quale siamo impastati. È questo è il poco che siamo.
Quando lo mettiamo al servizio del regno diventa il molto ad opera di Dio. Se invece siamo presi dalla pigrizia e quindi non siamo fedeli a questo amore allora la nostra vita diventa inutile come dirà alla fine della parabola Gesù, parlando del servo che ha sotterrato il talento.
Molto spesso questa inattività, questa pigrizia spirituale dipende da un’immagine falsata che abbiamo di Dio: quando Dio non lo riconosciamo come padre e madre tutta la nostra vita cammina su un binario falso, quei binari morti dove i treni si fermano e sono parcheggiati li.
Questa pagina ci invita oggi a riflettere sulla nostra pigrizia spirituale dovuta ad una errata conoscenza di Dio e che produce una umanità mediocre dentro di noi e intorno a noi. Quanto il poco che siamo viene donato a Dio e agli altri per rendere questo mondo migliore? Quanto in definitiva siamo “buoni” per il regno e per il mondo?
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade