Ci sono in questa pericope evangelica due analogie che il Signore fa per farci comprendere che cosa significa essere fedeli a lui e che cosa significa utilizzare il tempo che ci viene donato per concretizzare questa fedeltà.
La prima immagine è quella di un padrone di casa che si pone in atteggiamento di veglia e così non si lascia scassinare la casa. Il padrone di casa invece che dorme e non sa giustamente a che ora viene il ladro, si espone a lasciarsi rubare in casa. Quindi una prima condizione per essere fedeli al Signore è quella di vegliare, cioè avere gli occhi aperti, vivere con tutto se stessi la realtà e il tempo che ci viene donato.
Chi dorme è colui che ha anestetizzato la propria dimensione spirituale della vita e si è esposto alla mondanità. La seconda immagine ci viene presentata con il servo fedele o infedele. Anche qui il servo infedele viene paragonato agli ipocriti. Chi sono gli ipocriti? coloro che si mettono delle maschere, coloro che non sono nella verità di se stessi. Coloro che sono cristiani di facciata ma in fin dei conti non hanno mai incontrato il vero Dio. E questo lo si vede dai loro comportamenti arroganti, violenti, intolleranti, egoisti, autosufficienti… e non ultimi razzisti.
La sorte di questi infedeli non è la vita eterna evidentemente come Gesù dice ma è una condizione di eterna sofferenza: stridore di denti e pianto sta a significare coloro che si strappano i capelli per l’occasione perduta, per il rimorso che hanno dentro per aver fallito la loro vita per colpa loro, per un uso scorretto della loro libertà. Che il Signore ci doni attraverso queste due immagini, il senso profondo della fedeltà a lui che consiste nell’essere svegli e cioè operativi nella carità disponendo del nostro tempo per metterci a disposizione del Regno.
Dormire o essere svegli nella vita spirituale corrisponde ad essere infedeli o fedeli.
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade