Comprendere la realtà di Dio non è cosa scontata e facile. È mai possibile pensare che Dio l’immensamente grande, onnipotente, infinito…possa essere considerato nella dimensione della piccolezza, del nascondimemento? Ci viene difficile. Ma è il vangelo che ci offre questa chiave di lettura di Dio.
Il regno Gesù lo paragona a due immagini:il seme e il lievito che di per sé, presi da soli e lasciati lì, non servono a nulla, anzi si decompongono. Di cosa hanno bisogno per essere vitali e rispondere alla loro “vocazione”? Di un humus che dia loro vita. E siamo ciascuno di noi. Senza il terreno e senza la farina il seme e il lievito non possono essere vitali.
Né dare frutto, né fermentare la pasta. Per cui Gesù qui ci vuole dire che Dio può vivere solo in chi lo fa vivere nella sua vita. C’è la nostra responsabilità a far vivere il Regno in mezzo a noi. Il Regno è Dio, il suo amore, la sua essenza. Quanta responsabilità ho nel far vivere Dio in me affinché si manifesti fuori di me? Che tipo di terreno sono? Che tipo di farina sono? Quanto ci metto del mio perché il Regno di Dio si faccia carne su questa terra?
Ecco allora ciò che Gesù ci vuol far comprendere del Regno, è strettamente legato alla nostra responsabilità. Il Regno può rimanere lettera morta se io non faccio la mia parte. E di questo ognuno è responsabile di fronte a Dio. Allora la fecondità dell’amore cresce nella misura della mia accoglienza di Dio e della sua potenza di vita attraverso le sue caratteristiche di piccolezza e nascondimento. È bello questo Dio che non si vuol far vedere, che ama nascondersi dentro di me per poi rivelarsi attraverso di me!
È con il mio apporto infatti che il Regno esce allo scoperto diventando “luogo” di ristoro per altri e nutrimento di amore.
Oggi rifletto sulla mia capacità di accoglienza del Regno, sulle difficoltà che incontro, sulle sterilità dovute alla mia negligenza.
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade