Nel giorno in cui la chiesa fa memoria dei Santi Timoteo e Tito, il primo che presiedeva la chiesa di Efeso e il secondo quella di Creta tutti e due discepoli di Paolo, la Liturgia ci propone la pagina da pagina missionaria di Luca, per farci capire qual era lo stile degli Apostoli, dei missionari della prima cristianità. Oggi questa pagina ci tocca personalmente, perché disegna il profilo dell’apostolo tutti i tempi, del missionario, del testimone di Gesù.
Egli è essenzialmente una persona che fa della mitezza la sua forza e va incontro agli altri con questa mitezza (che non significa beninteso non arrabbiarsi mai…) cioè con un atteggiamento profondo di benevolenza, di pace nei confronti degli altri e del mondo. Andare insomma verso gli altri disarmati, pronti anche al fallimento, consapevoli della propria debolezza. Non sentirsi superiori a nessuno e non aggredendo nessuno neanche con la fede. La seconda caratteristica è quella dell’essenzialità.
Un missionario non può fare una vita ricca di cose materiali, sceglie di vivere essenzialmente con le poche cose che gli servono giusto per vivere, perché sa che l’unica sua ricchezza è il Signore che porta dentro di sé e che nessuno gli potrà mai rubare. E allora lo stile essenziale è uno stile povero non solo dal punto di vista materiale ma povero interiormente, dal punto di vista spirituale: coloro che si lasciano svuotare da Dio per farsi riempire dal suo Spirito.
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La terza caratteristica è che un missionario non può essere tale se non instaura delle relazioni interpersonali con i propri fratelli: è nella relazione che si gioca la testimonianza di vita. Una relazione che è improntata alla pace. L’apostolo di Gesù quando entra in relazione con il fratello gli porta subito la pace di Cristo che abita il suo cuore. È una persona pacificata dentro e quindi pacificante, è un operatore di pace. Ancora un’altra caratteristica dell’apostolo è la grande libertà interiore: l’apostolo non costringe nessuno a credere in Gesù, a seguire Gesù, ma lascia libero ciascuno di determinarsi. All’apostolo preme soltanto l’annuncio, come diceva Paolo:”Guai a me se non evangelizzo!”.Questa è la preoccupazione dell’apostolo. Quel seme che viene gettato nel cuore dei nostri fratelli Dio provvederà a farlo germogliare.
L’ultima caratteristica è quella della solidarietà, della condivisione con gli altri: mangiare alla stessa tavola, nella stessa casa, significa condividere le gioie e dolori dei nostri fratelli…e lo stile della condivisione è proprio lo stile di Dio che ha condiviso la sua vita con noi donandoci il Figlio suo Gesù nella nostra carne. E in questa condivisione di vita ci sorprenderemo a vedere come gli altri possano essere guariti dalla Parola di Dio che offriamo, dalla nostra parola stessa illuminata dallo Spirito del Risorto… possono essere guariti dal nostro amore. Una pagina meravigliosa che dipinge la missione di ogni battezzato. Beati noi se riusciamo ad entrare nel profondo di questa pagina e iniziare a sperimentarci in questa missione alla quale siamo chiamati fin dal giorno del battesimo.
Il regno di Dio si fa vicino, tocca la vita, il cuore degli altri attraverso la nostra persona. Beati noi se saremo evangelizzatori secondo il cuore di Dio, perché il mondo creda attraverso tutti i suoi figli.
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade