Siamo ancora al capitolo 10 di Giovanni in continuazione con il discorso di ieri: Gesù si autorivela il buon pastore non solo, ma si auto rivela come la porta del recinto, cioè colui che ci introduce alla vita terrena e alla vita eterna. La porta è proprio la delimitazione tra un ambiente e un altro, attraverso la porta questi due ambienti diventano comunicanti, diventano potremmo dire un tutt’uno.
Le pecore hanno la possibilità di uscire al pascolo attraverso quella porta di recinto e quindi nutrirsi, ma il pascolo è anche aperto alle insidie dei lupi, dei briganti e il pastore che le precede, che sta con loro, le custodisce dal pericolo. Poi le pecore ritornano nel recinto attraverso la porta, luogo di custodia, di sicurezza, di rifugio, di riposo. Bene, questa metafora è applicata a ciascun battezzato che può vivere la sua quotidianità guidato dal suo Pastore Gesù, il risorto, il quale conosce ciascuno per nome, cura, previene, va in cerca della pecora smarrita… e poi troviamo rifugio nel suo cuore per avere ristoro: è il nostro riposo.
Questa è la vita quotidiana di un cristiano che è stato rapito dall’amore di Cristo Risorto e vive in lui, con lui e per lui. Le nostre giornate possono essere vissute così entrando e uscendo dal cuore di Gesù, vivendo tutto in lui e attraverso di lui. Diventando esperti in questo “andare e venire”. L ‘Apocalisse ci dice che Gesù sta la porta del nostro cuore e bussa… noi oggi potremmo dire che stiamo alla porta del suo cuore e bussiamo per poter entrare in comunione piena con lui per essere accolti pienamente dal suo amore?
Gesù è la porta che ci conduce al Padre, alla vita per sempre, quella vita che già è iniziata qui è che non finirà mai. Non dimentichiamo di “consumare la soglia” di quella porta, che, badiamo bene, è sempre aperta!
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade