Questa è una delle beatitudini sparse nei vangeli che non fanno parte del grappolo delle otto. È la felicità di chi nella vita rimane “sveglio” nella fede. Cioè non si addormenta nelle braccia della mondanità. Sono felici coloro che tengono viva la loro fede non con le parole ma con le opere, con i fatti. Chi testimonia la sua appartenenza a Cristo contro venti e maree, chi diventa un faro di luce, grazie alla sua testimonianza in questo mondo di tenebre.
Questa testimonianza, in chi la vive, produce felicità fin da ora, in questa vita ma ha anche un altro effetto:quello di attirare l’attenzione di Dio, il quale si dispone ad accogliere questi testimoni nel suo grande amore. È il modo di servire di Dio, per chi lo ha servito su questa terra. Farci partecipare al suo amore infinito. Immergerci in esso. Appagare ogni sete e fame di amore, per sempre.
La condizione di veglia operosa è legata però alla dimensione dell’attesa, del ritorno del Signore. È tutto in funzione di questo ri-vedersi, ri-trovarsi, la cui assenza ha provocato una enorme nostalgia. Senza attesa non c’è veglia. E non c’è testimonianza.
Sono sveglio o dormo?
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade