Riprende il Tempo Ordinario con questa parabola che Gesù racconta allo staff religioso della sua epoca, ai capi degli anziani e sacerdoti e gli scribi, quelli che detenevano il potere religioso e che erano a lui ostili: volevano eliminarlo, volevano farlo fuori. Gesù raccontando questa parabola fa capire loro che il regno di Dio non è loro proprietà, non ci si può appropriare del regno di Dio o meglio ancora rubare a Dio il suo regno perché il regno è simile a un granello di senape che fermenta tutta una massa e che rimane nascosto.
Il regno è simile ancora a un seme gettato nel campo il quale cresce a insaputa del suo contadino. Non ci si può appropriare di Dio, della sua conoscenza, del suo amore attribuendo a se stessi la gloria di questo regno. Non si può insomma usurpare il regno di Dio che è l’amore… si può soltanto accogliere e donare per cui non si può ottenere la vita eterna se non abbiamo amato. Come questi vignaioli che avevano deciso di uccidere il figlio del padrone della vigna che essi coltivavano! Non si può ereditare la vigna con le mani sporche di sangue, non si può raggiungere la vita eterna se in questa vita non abbiamo amato.
Questo è stato anche il peccato dei farisei e gli scribi dei capi religiosi fissati sulle norme, sulle leggi più che sull’amore tanto da non aver riconosciuto il figlio di Dio, il figlio del padrone della Vigna di Israele e averlo ucciso. Si sono messi al posto di Dio diventando loro proprietari del Regno. Oggi questo questa parabola è per noi, e ci indica la Via dell’Amore come realizzazione della nostra vita ma ci fa anche un avvertimento: ci illudiamo di essere cristiani, ci illudiamo di poter ereditare la vita eterna se non spendiamo ogni giorno nell’amore, se non viviamo dell’amore del risorto che ci abita, della potenza del suo spirito effuso su ciascuno di noi! Non possiamo uccidere l’amore.
Chi uccide l’amore non avrà parte con lui nel regno eterno.
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade