Davanti al Giordano
Quando da piccoli iniziamo il nostro cammino di fede, una delle primissime cose che ci viene detta è: Gesù è vero Dio e vero uomo, si è fatto in tutto uguale a noi eccetto il peccato. Eppure, paradosso dei paradossi, Gesù nel Vangelo che la liturgia ci propone sembra “entrare in scena” proprio mettendosi in fila tra i peccatori.
Il tempo del Natale trova nella festa del Battesimo del Signore un compimento: quel Dio che si è fatto bambino, che ha assunto la nostra natura umana, non respinge nulla di ciò che noi viviamo, non disdegna nulla della nostra fragilità; e pur essendo lui la pienezza di ogni cosa e creatura, del tempo e dello spazio, si mette in cammino come ogni persona che cerca, come ogni donna e uomo a cui non basta ciò che ha già raggiunto, come ogni essere umano che si sente chiamato a lasciarsi toccare e trasformare.
Chi va al Giordano da Giovanni ci va perché invitato a un lavacro di purificazione, a un battesimo di conversione. Si tratta di consentire ai vissuti personali, belli o brutti, felici o tristi, di essere lavati con acqua nuova, di lasciarsi dischiudere per un oltre, un di più, un non ancora accaduto.
Ci vanno in tanti, e tutti perché richiamati dalla voce di un profeta, di un uomo tutto d’un pezzo che non ha timore di altri se non di Dio, che non disdegna di richiamare altri, anche i potenti, alla conversione del cuore e della vita. Ci vanno in tanti, e tra i tanti, dalla Galilea, ci va anche Gesù.
Quello che accade al Giordano, per quanto ci sconvolga, sembra una questione più privata che pubblica. I cieli che si aprono, lo Spirito che discende, la voce che annuncia: tutto sembra essere per lui, solo per lui, per quel Gesù venuto dalla Galilea delle genti, crocevia di popoli e culture; per quel Gesù nato a Betlemme, casa del pane, portato in Egitto, terra di prigionia e liberazione, e cresciuto a Nazaret, tra mura, voci e affetti di quotidiana umanità. La voce parla, e proprio in forza di quello Spirito già presente, rivela: tu sei l’amato, sei il Figlio, in te la mia pienezza.
Ma chi è Gesù di Nazaret? E che cosa possiamo vedere quando guardiamo lui?
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Pietro, in modo molto semplice e diretto – lo ascoltiamo nella seconda lettura – ci dice: «dopo il battesimo passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui». E sappiamo che Pietro di quell’andare è testimone diretto.
Ma già il profeta Isaia aveva tracciato l’identikit di colui che sarebbe stato IL mandato da Dio, il suo consacrato, l’eletto, colui nel quale Dio aveva posto il suo compiacimento.
Isaia lo descrive in uno modo straordinariamente plastico e concreto. Il servo del Signore, l’eletto, è mandato tra noi per essere luce delle nazioni, per aprire gli occhi ai ciechi, per liberare i prigionieri, per far uscire dalla reclusione chi abita nelle tenebre. Colui che è mandato per seminare a larghe mani il regno di Dio non è solo vero Dio, ma è anche vera persona, visibilità di una umanità autentica e pienamente realizzata. È colui che non urla, non spezza una canna incrinata, non spegne una fiamma smorta. In lui c’è vita. Da lui si diffonde vita.
Ecco chi è l’Amato. Ecco il Dio che pur di salvare si è lasciato salvare; ecco colui che pur di far risplendere in noi l’essere figli amati si è fatto fragile carne.
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E noi, oggi, anche davanti al Giordano, continuiamo a contemplare il grande mistero del Dio con noi anche nel peccato.
Leggi la preghiera per questa domenica.
FONTE – Sr. Mariangela, sul sito cantalavita.com