Ci sono pagine della Sacra Scrittura che abbiamo imparato a memoria e siamo sempre pronti a tirarle fuori per usarle a proposito e a sproposito pur di difendere convinzioni e approcci all’esistenza. In questo senso la pagina evangelica del ripudio della propria moglie è emblematica; esattamente come la creazione della donna dalla costola del primo uomo.
Neanche a dirlo di queste pagine sono state quasi sempre isolate parti, frasi. E nella storia, isolando chirurgicamente i versetti, sia dall’intera narrazione biblica sia dagli stessi contesti storico-culturali, li abbiamo trasformati in bandiere, in proclami, in clave a difesa di posizioni antropologiche che di divino avevano e hanno davvero poco, men che meno sono riconducibili al suo volere.
Oggi l’evangelista Marco ci spinge ad andare oltre, oltre la stessa legge di Mosè, pur sacra.
L’invito per tutti è ritornare alla creazione, a quel momento fondativo originario che ha fatto sì che la vita fosse, che l’essere vivente fosse. Lo sappiamo, il libro della Genesi non è un diario di bordo che ci racconta istante per istante gli eventi delle origini del mondo. Scritto quando già Israele era un popolo e stava cercando risposte per comprendere sue origini, Genesi ricorda al popolo credente come Dio ha posto l’uno accanto all’altra l’uomo e la donna.
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E la creazione del femminile è accaduta da un fianco. Non sopra o sotto, ma da un fianco. Perché, seppur strutturalmente diversi, la donna e l’uomo fossero l’uno a fianco dell’altra, capaci non di possedere ma di unire, non di dominare ma di custodire, non di schiacciare ma di generare.
Dio ha unito creando, ha plasmato l’essere umano a sua immagine e somiglianza, gli ha donato il suo stesso spirito.
Per questo donna e uomo sono al pari capaci di dare vita, diventando essi stessi uno proprio nell’atto del generare. Perché non nella divisione si genera vita, ma nella relazione.
È forse lì che Gesù ci chiede di tornare, riportando al centro dell’esistenza non le leggi che regolano i nostri bisogni, o gli eccessi, o le mille forme di ingiustizia che reciprocamente ci “regaliamo”, ma il nostro essere originariamente parte di un progetto più grande, quel progetto che Dio ha per l’umanità e che ci vede custodi del mondo e generatori di vita, insieme.
Dio fin dalla fondazione del mondo ci ha pensato così: fragili ma portatori di vita, impastati di terra ma attraversati dal cielo.
La nostra origine, dice l’autore della lettera agli Ebrei, ci accomuna a Colui dal quale siamo salvati e santificati.
E Gesù del nostro essere terra non si vergogna, ma ci raggiunge proponendoci il Regno, rivelandoci le logiche di Dio, il suo cuore, perché giorno dopo giorno impariamo ad accogliere l’accadere del Regno, a dargli spazio, a viverlo.
Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com