Ma ve lo immaginate quanto sarebbe straordinario il mondo se prendessimo alla lettera il Vangelo che questa VI domenica di Pasqua ci offre?
Ve lo immaginate se tutti noi cristiani, proprio tutti, di qualsiasi confessione di fede – ortodossi, cattolici, protestanti – ci preoccupassimo solo di rendere realtà le parole di Gesù?
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi»… Ve lo immaginate se smettessimo di considerare queste parole un ideale irraggiungibile e iniziassimo a renderle criterio di scelta delle nostre giornate?
Il Vangelo di Giovanni e le sue lettere sembrano avere un unico obiettivo sintetizzabile in due parole: fede e amore, credere e amare, fidarsi di Colui che si è fatto per noi via da percorrere e tuffarsi nella sua vita, perché in lui-Dio ognuno di noi possa ricevere la stessa vita, quella eterna, immortale, quella che è capace di generare vita.
Chi crede davvero non può che amare. E credo che non sia eccessivo affermare che probabilmente possiamo misurare il livello della nostra fede dalla nostra capacità di amare, dove quando dico «amare» dico amare, e non intendo colmare i nostri bisogni affettivi, le nostre voragini interiori.
È il suo essere amore che “permette” a Dio di cercarci, di attenderci, di dare la vita per noi. È per amore che Colui che tutto sa e può si ferma davanti alla nostra libertà. È per amore che Dio continua a credere che quella scintilla di eterno che lui ha soffiato in noi un giorno brillerà e diffonderà luce. È per amore che lui continua a credere in noi.
L’amore ci avvicina a Dio, perché originariamente l’amore ha avvicinato Dio a noi, lo ha fatto uscire dai cieli, lo ha reso prossimo. Chi può impedire a Dio di amare? E non di amare genericamente qualcosa e qualcuno. Ma di amare noi… di amarci nella differenza e nella distanza da lui.
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La nostra fede in Gesù Risorto non è altro se non imparare a credere, a fidarci, ad affidarci, a tuffarci in questo amore. Rimanere è null’altro che un atto di fiducia, e per questo di fede. Credere è amare. Ma amare è credere. È qui il segreto della gioia.
E forse facciamo così tanta fatica a credere perché facciamo fatica ad amare. Non riusciamo a sperimentare gioia perché la leghiamo a cose e a eventi, a bisogni… non all’amore e alla sua gratuità. Facciamo fatica ad amare gli altri, noi stessi, Dio.
Credere e amare sono l’orizzonte di vita in cui Dio, in Gesù, ci propone di vivere. Credere e amare sono il senso stesso della nostra vita cristiana. Credere e amare sono il perché delle nostre scelte.
Solo se amiamo riusciremo a scoprire le infinite sfumature che caratterizzano le persone, le situazioni che ci circondano e la loro complessità.
Solo se amiamo riusciremo a frenare quell’irrefrenabile desiderio di farla pagare a chi ci ha fatto del male.
Solo se amiamo avremo la forza di smascherare il negativo che ci abita.
Solo se amiamo avremo la capacità di riconoscere il bene nell’altro, anche se piccolo, anche se minuscolo, anche se in nuce, e farlo emergere, accompagnandolo.
Solo se amiamo avremo la libertà interiore di riconoscere e denunciare il male, ma in noi prima che negli altri.
Solo se amiamo potremo cogliere la sofferenza che l’altro vive.
Solo se amiamo potremo gioire con chi gioisce e piangere con chi piange, liberandoci dall’ipocrisia di chi si pensa giusto davanti a Dio e giudice davanti agli uomini.
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Solo se amiamo saremo davvero liberi, e in questo felici: la nostra esistenza sarà un dare alla luce. E la nostra libertà un farci carico del mondo, del suo futuro, del suo presente, di ogni vita.
La vita di Gesù, la sua morte e risurrezione, il suo Spirito donato con abbondanza ci dicono che noi possiamo amare, perché possiamo credere: la via è aperta, i cieli sono aperti.
Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com