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Sr. Mariangela Tassielli – Commento al Vangelo di domenica 25 Febbraio 2024 per bambini/ragazzi

Commento al brano del Vangelo di: Mc 9, 2-10

La domenica della Trasfigurazione, seconda di Quaresima, apre per noi due bellissime pagine bibliche: entrambe ci consegnano due figli amati, due padri che amano e un’alleanza che si rinnova, quella di Dio con l’umanità.

Abramo ama. Ama Isacco, il figlio della promessa, figlio della fede: la fede che da quella prima chiamata a lasciare la terra dei padri è cresciuta, come un seme che diventa albero; la fede che si è scontrata con la paura, la fragilità e la menzogna; la fede che ha dovuto imparare a credere nell’impossibile.

Abramo ama, e continua a farlo anche nel non senso di una richiesta che sta per strappargli la vita. Perché questo può accadere quando la Parola parla: ti chiede la vita, la tua non quella degli altri. E dobbiamo dircelo, dobbiamo ricordarcelo se il nome di Dio sta ritornando anche nelle nostre società a essere associato a sacrifici e brutali, disumani e mortali riti di purificazione.

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Abramo ama, e Dio non ha bisogno di altro se non di chiarire una volta per tutte che a lui non servono sacrifici, e per farlo sì, in questa pagina biblica, lo scrittore sacro si spinge decisamente oltre. Se in molti – nelle società antiche, e non solo – erano avvezzi a ritenere che per rabbonire le divinità fossero necessari i sacrifici, anche umani, lo scrittore sacro non teme di spingersi fino all’assurdo pur di farci scoprire il cuore del Dio dei nostri padri e di Gesù.

Abramo ama, anche quando tutto diventa assurdo, persino Dio. E la benedizione si rinnova, l’alleanza si rinnova, e ancora una volta la mano di Dio abbraccia le nazioni, i popoli, l’umanità.

C’è poi il secondo dei padri che il Vangelo di questa domenica ci consegna: è il Padre, quello con la P maiuscola, Dio stesso; colui che ci consegna l’Amato, quel Figlio nel quale tutte le nazioni della terra si diranno non solo benedette, ma salvate, riconciliate, perché amate.
Dio ama al punto da donare la sua stessa vita.

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Dio ama al punto da donare il suo stesso figlio. È lui, non Abramo a compiere l’unico vero sacrificio, una volta per tutte, e una volta per tutti, per ogni persona che popola la terra, e chissà anche gli universi.

Quando pensiamo a Dio, al Dio dei nostri padri, al Dio di Gesù, al nostro Dio, non dovrebbe venirci in mente altro se non quanto sia stato grande il suo amore, fattosi carne in Gesù di Nazaret, nel suo dono, nella sua croce, nella sua morte e risurrezione.

Quando pensiamo a Dio non dovrebbe venirci in mente la chiamata di Abramo a uccidere, ma la puntualità con cui Dio blocca la sua mano perché non uccida. Le pagine bibliche vanno ascoltate in modo completo, perché il loro messaggio spesso sta alla fine più che all’inizio.
Quando pensiamo a Dio dovrebbero venirci in mente le parole di san Paolo ai Romani, che ascoltiamo nella seconda lettura: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa con lui?».

Di questa certezza siamo chiamati a essere testimoni.
Questa certezza può dare ali e radici alla nostra fede.
Questa certezza ci deve aiutare a respingere la tentazione delle tre capanne, delle porte chiuse del cenacolo, delle parrocchie efficienti ma autoreferenziali, delle strutture ecclesiali funzionali ma non inquiete, delle comunità religiose protette ma non aperte.

La voce del Padre continua ad accompagnarci verso la risurrezione, attraverso deserti, palme, cenacoli e calvari. Continua a dirci: «Ascoltatelo, ascoltate la sua parola, ascoltate i suoi gesti. Ascoltate e vivrete, perché amerete».

Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com

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