Sr. Mariangela Tassielli – Commento al Vangelo di domenica 24 Settembre 2023 per bambini/ragazzi

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Quanto sono distanti i miei pensieri dai pensieri di Dio?”. Immagino che molti tra noi, di fronte alla pagina di Isaia, si siano fatta interiormente questa domanda. E forse l’avranno anche trasformata in una esclamazione, una sorta di dato di fatto, soprattutto alla luce di eventi e situazioni di cui si fa fatica a capire il senso.

La prima lettura che la XXV domenica del Tempo Ordinario ci propone si conclude di per sé dandoci anche una risposta: quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. Ed ecco, cosa spesso accade: pur travolti dal non senso di eventi e magari con lacrime strette in gola noi blocchiamo, quasi congeliamo, la nostra relazione con Dio sancendo definitive distanze: lui lì con le sue vie incomprensibili e noi qui con le nostre situazioni da gestire e accettare silenziosamente.

Chi accetta di stare su queste differenti lunghezze d’onda avanza sulla via della fede, chi si ribella rompe con tutto e prima di tutto con Dio, un dio che troppo chiuso nel suo cielo potrebbe anche non esistere, o essere il dio dei falliti, o comunque essere di poco aiuto, quindi non così necessario e sostituibile dalle “proprie gambe”.

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E invece il senso delle parole di Isaia è tutt’altro, e lo si intuisce nel brano più ampio che ingloba quello che leggiamo oggi: il profeta sta invitando il popolo a cambiare orizzonti, ad abbattere barriere, confini interiori ed esteriori nella relazione con Dio, a fidarsi di Colui che ascolta, non abbandona, offre gratuitamente la vita, e la offre a tutti. La meta ci viene indicata dall’apostolo Paolo: arrivare al «per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno»; che concretamente significa: avere Cristo al centro della vita, pendere dalla bocca di Dio, cioè comprendere la vita, le relazioni, gli eventi bocca a bocca con Dio, respirando la sua aria, puntando ad ascoltare il suo cuore. E no, non è poesia.

I tanti Isaia e Paolo della storia ci dicono che è possibile: è possibile imparare chi essere e come vivere direttamente da Dio. Ma bisogna aprirsi, non misurare e uscire dai parametri molto umani del “ti do perché tu mi dia”. E su questo la parabola che il Vangelo ci offre è lapidaria.

Ma per capirne concretamente il senso dobbiamo indietreggiare di qualche versetto.
Un po’ prima, infatti, l’evangelista Matteo fa risuonare una domanda di Pietro: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?» (Mt 19,27). E sembrerebbe che la risposta rassicurante stia tutta in quei versetti subito successivi: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto…». Poi uno strano versetto: «Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (cfr. Mt 19,30). E quindi la parabola che ascoltiamo oggi con i suoi operai e il loro faticoso lavoro. Faticoso ma a quanto pare non per tutti…

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È alla fine della parabola però che sembra arrivare la risposta di Gesù a Pietro: «Io voglio dare anche a quest’ultimo quanto do a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Ed eccole le vie di Dio lontane dalle nostre anni luce… 

Dio è pronto a dare le sue cose (la salvezza, il suo cielo, il suo amore) indistintamente a tutti coloro che si aprono, prima o poi a lui. A tutti coloro che gli riservano anche solo un piccolissimo spazio. A tutti coloro che pur negandolo per una vita poi ne percepiscono una scintilla.

Eccolo Dio, sempre pronto a farsi casa dalle prime ore del nostro giorno, fino agli ultimi istanti della notte.
Di questo gioisce Dio. Di questo dovremmo gioire noi.

Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com

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