Come vi sentite? Come state? Sì, in questo momento storico, proprio oggi, come ti senti? Che cosa stai vivendo? Quale piega ha preso la tua vita?
Quanto vorrei che avendoti di fronte, o commentando sui social, tu mi potessi dire: «Bene, grazie, sr Mariangela! In questo momento vado alla grande». Mi piacerebbe e te lo auguro di cuore.
Ma se in questo ora, leggendo, i tuoi occhi si sono offuscati e il sorriso appena accennato si è spento; se davanti a queste domande vorresti solo cambiare discorso; se no, le cose non vanno bene come speravi e la tristezza si alterna a quella stanchezza interiore difficile da domare; se sì, sei stanco e vorresti dare un taglio a tutto… allora non farti scappare l’occasione di fermarti, leggere e lasciarti raggiungere da queste straordinarie letture.
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L’evangelista Matteo ci porta tra le folle che seguono Gesù. Nei versetti che precedono il brano che questa undicesima domenica del Tempo Ordinario ci dona, l’evangelista ce lo fa vedere all’opera tra case, campi, barche, strade… È instancabile. Non ha freni! Incontra chiunque e sembra che la sua unica preoccupazione sia dare vita, ridare vita, riportare alla vita, liberare la vita. E sembra che per lui questo significhi annunciare il Regno, portare il Regno.
Ma pensate che straordinaria immagine di Gesù l’evangelista ci mostra: vede le folle, le vede! Vede la loro stanchezza. Le sente sfinite! Le guarda negli occhi, le scruta nel cuore, dà peso alle loro fatiche. Per lui contano. Se ne vuole fare carico, e vuole che altri lo facciano. Vuole che il suo modo di farsi carico della vita continui anche dopo di lui. E per questo chiama. Chiama perché altri imparino a vedere, e vedendo imparino a sentire compassione, a farsi carico dei pesi, della tristezza, della fatica altrui; imparino a liberare e dare vita. Sembra che l’unico suo comando sia: guarire, risuscitare, purificare, scacciare demòni e donare.
Questa totalità e gratuità del bene, diffuso a larghe mani da Gesù, riecheggia in modo forte nelle parole di san Paolo che ci raggiungono con la seconda lettura: in Gesù, il Dio creatore ci ha regalato la vita, ci ha riscattati da ogni forma di male, ci ha liberati, ci ha tirati fuori da qualsiasi marcio e ci ha risollevati a lui, ci ha riportati nel suo abbraccio, ci ha riscattati. E non lo ha fatto perché ce lo meritavamo. San Paolo è chiaro: siamo dei riconciliati, siamo dei riscattati, siamo dei liberati solo perché qualcuno ci ha amato e si è preso cura di noi. Stop! Nessun merito, nessun prezzo.
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In Gesù l’umanità ha potuto tornare a scoprire il Dio Salvatore che solleva su ali di aquila, dove nessuno può più fare del male; il Signore presente che libera da ogni schiavitù; il Custode che non dimentica la sua alleanza.
In Gesù continuiamo a essere preziosi agli occhi di Dio, suo tesoro, sua terra riscattata. E proprio per questo siamo un regno di sacerdoti, capaci di celebrare la vita, di rinnovarla, di farla risorgere.
Dio a Mosè dice: «Darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza». È a questo che continuiamo a essere chiamati. Perché l’esperienza di salvezza, dono inaudito e totale, ci chiede di diventare salvezza. Chiama me, chiama te, ci chiama per nome e ci chiede: «Vuoi portare vita? Vuoi liberare? Vuoi che altri, attraverso te, si sentano raggiunti dall’amore di Dio?».
La sua voce ci raggiunge. La sua alleanza ci interpella. Custodirla è rispondere.
FONTE – Sr. Mariangela, sul sito cantalavita.com