Sono pochi e lapidari i versetti del Vangelo di Marco che ci accompagnano nella I domenica di Quaresima e ci introducono in questo speciale tempo di grazia. L’atmosfera è profondamente diversa da quella a cui ci avevano abituato i Vangeli delle scorse domeniche: lì avevamo visto la potenza all’opera.
Tra predicazione, itineranza e miracoli, davanti ai nostri occhi, come se ci fosse un pittore a disegnarne la scena, avevamo visto accadere il regno di Dio, avevamo visto realizzarsi quel farsi prossimo di Dio alla vita di ognuno.
Al versetto 12 del primo capitolo l’evangelista Marco ci introduce con: «In quel tempo», ed è un’espressione di raccordo che sentiamo sempre (o quasi) all’inizio del Vangelo nella messa, ma poco ci dice del tempo effettivo, di quello che è accaduto subito prima. In realtà quel Gesù che viene sospinto nel deserto dallo Spirito ha appena vissuto il battesimo nel Giordano. Pochi versetti prima infatti leggiamo: «… uscendo dall’acqua, [Gesù] vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”». E quindi: «E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto».
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Eccolo l’attacco al Vangelo di oggi: Gesù viene sospinto nel deserto da quello stesso Spirito di Dio che squarcia i cieli e discende su di lui. Lo Spirito spinge, lo Spirito riempie e muove, lo Spirito conduce lì dove non immagineremmo, lo Spirito ci fa vivere anche quando tutto è deserto, e anzi forse proprio nel deserto possiamo sperimentare la sua vita, la sua presenza, la sua potenza. A Marco, essenziale come sempre, non sembra importante farci l’elenco delle tentazioni. Forse ci dice solo quello che è importante che ognuno di noi sappia: l’Amato non è esentato dalla vita concreta, dai deserti, dalle tentazioni, dalle quelle fatiche cioè di riconoscere Dio all’opera. L’Amato sa stare contemporaneamente con le bestie e con gli angeli: bestie selvatiche quindi per nulla addomesticate e angeli che servono.
L’Amato però in tutto questo ci sa stare. Anzi è proprio questo tempo trascorso nel deserto a inaugurare il dopo: l’annuncio del Regno, gli incontri, l’itineranza instancabile, i segni di potenza, fino alla croce.
Questo tempo nel deserto è uno stare per: per ascoltare il Padre e riconoscerne la presenza, perché il Padre è sì presente, ma la vita, il tempo, la storia sono fatti di luci e ombre… e Dio puoi non riconoscerlo. Stare per imparare a distinguere il vero dalla menzogna, l’essenziale dal superfluo, ciò che fa vivere da ciò che spegne.
Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima dice: «È tempo di agire, e in Quaresima agire è anche fermarsi. Fermarsi in preghiera, per accogliere la parola di Dio, e fermarsi come il Samaritano, in presenza del fratello ferito». Ripetiamolo anche noi oggi: è tempo di agire, e di agire da Dio. Agiamo fermandoci! È paradossale? Forse sì, ma in fondo non lo è anche Dio? Quel Gesù pieno di Spirito Santo non è stato spinto proprio dallo Spirito nel deserto? La prima cosa da fare non è stata quella di andare lì dove avrebbe potuto parlare il Padre? Lì dove la parola si sarebbe potuta fare il pane vero del cammino?
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Fermiamoci! Con coraggio, facciamolo!
Troviamo il tempo di fermarci per ascoltare Dio e per restare con il prossimo, sia esso bestia selvatica o angelo.
Lo dico a voi e so che è una grande sfida anche per me. Dopo sarà il tempo dell’annuncio Pasquale, ci sarà il dono, ma ora ci aspetta la palestra.
Quel convertitevi e credete nel Vangelo che già più volte abbiamo sentito, oggi è la nostra palestra, è il ritmo del nostro cammino.
È tempo di agire, è tempo di riconoscere Dio all’opera, è tempo di sostare per ascoltarlo nella storia, nella vita, in chi ci vive accanto.
Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com