Mentre tutti attendono, Dio parla. Perdonate la brevità, e forse la banalità, ma è così che si apre e si chiude il Vangelo che la liturgia ci dona nella festa del Battesimo del Signore. E per me non è banale.
All’inizio, l’evangelista Luca tratteggia con una pennellata veloce il sentire del popolo: quello che va da Giovanni è un popolo in attesa. In attesa di una parola di quel profeta, certamente… ma forse in attesa anche di altro. In attesa che le antiche promesse si compiano. In attesa del farsi prossimo del Dio dei Padri che, anche di fronte al peccato del suo popolo, non fa altro che sollevarlo a sé, ricondurlo al suo cuore, amarlo.
Il popolo era in attesa. Ed è questo stato interiore tra il già e il non ancora a mettere in movimento il popolo, almeno quella porzione di popolo che cerca: che cerca di capire, di incontrare, di tenersi desto, di non cedere alla rassegnazione per quell’attesa che di generazione in generazione sembra non avere ancora un compimento.
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È un popolo in attesa quel popolo che Giovanni battezza e a cui anche Gesù appartiene, e da cui non prende le distanze.
Ed è davanti al popolo in attesa che la voce dal cielo, quella di Dio, parla e invia, e conferma, e inaugura il tempo nuovo, quello dello Spirito Santo e del fuoco.
Il popolo è in attesa, ma non sappiamo se abbia sentito la voce del Padre. Luca qui è asciutto, perché a noi non serve sapere altro se non una e una sola cosa: le nostre attese sono lo spazio in cui Dio inaugura il tempo nuovo dello Spirito, ci raggiunge sollevandoci, liberandoci, perdonandoci, aprendoci alla vita.
Dio parla, e in Gesù si fa storia, oggi esattamente come ieri: si fa liberazione e incontro, prossimità e vita. E questo è Vangelo! Questa è la sola buona notizia per cui valga la pena investire energie e perdere la vita.
Le parole con cui il profeta Isaia ci raggiunge nella Prima lettura sono ciò che sta a cuore a Dio, e noi collochiamoci pure dalla parte che ci calza meglio, ma non nascondiamoci davanti alla loro radicalità.
Di fronte a noi c’è un Dio molto interessato a consolare, a parlare al cuore del suo popolo, o se necessario a gridare pur di raggiungerlo: ci sono liete notizie da annunciare, ci sono vie da appianare, distanze da accorciare.
C’è un Dio da conoscere, scoprire, incontrare; e ha il volto di un pastore che riesce a tenere il passo di saltellanti e super dinamici agnellini, e di appesantite pecore madri.
E questo Dio si è fatto per noi volto: Gesù di Nazaret, l’amato, il Figlio amato.
Non ci dovrebbe servire altro. Potrebbe bastarci per riprendere il cammino.
Potrebbe bastarci anche per fare delle scelte e stare sempre e solo dalla parte del Vangelo, dalla parte del Dio che sa far vivere, e non è interessato ad altro.
Potrebbe bastarci per fare delle scelte, stare dalla parte del Vangelo e forse con coraggio scegliere cosa tagliare. Sì, tagliare. Perché a volte noi dimentichiamo di avere a che fare con il Dio della vita, che ama e promuove, libera e solleva e ci costringiamo ad adattarci a situazioni che, a forza di togliere ossigeno, riescono anche a toglierci Dio.
La voce, che ha confermato Gesù e ha messo ali ai suoi piedi, oggi confermi anche noi in quell’amore che non abbiamo meritato, ma che con immensa gratuità abbiamo ricevuto.
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Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com