Chi sono davanti a Dio?
Chi siamo noi davanti a Dio?
Chi crediamo di essere? Ma non in senso ironico. Ve lo chiedo seriamente. Lo chiedo a me stessa e spero che oggi anche voi possiate trovare un momento per chiedervi: «Chi credo di essere io davanti a Dio?». Non è banale dare una risposta a questa domanda, e darla con sincerità. Perché da questa risposta potrebbero dipendere molte cose. Potrebbe dipendere il valore stesso dell’esistenza, il senso del mondo. Potrebbe dipendere la nostra fede. Ma in questa risposta potrebbe annidarsi anche la causa della nostra insoddisfazione profonda, nel nostro sentirci sempre un po’ inappropriati, della nostra tristezza.
Se possibile, date del tempo a questa domanda, prima ancora di leggere le letture di questa VI domenica del Tempo Ordinario; e possibilmente prima ancora di andare avanti nella lettura di questi pensieri a voce alta.
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Dopo esserci messi a nudo davanti a noi stessi e alle nostre convinzioni, è il momento di porre la domanda direttamente alle Scritture: «Chi sono io davanti a Dio?». Saremo sulla buona strada se ciò che il Libro del Siracide descrive trova risonanza in noi, se quello che san Paolo dice ai Corinzi continua ad avere senso anche per noi.
Spesso e volentieri ci pensiamo come pulviscolo davanti a Dio. Mettiamo davanti tutta la nostra miseria, fragilità, inconsistenza. Come se la fiera di tutti i nostri limiti e deficienze ci rendesse poi più degni di stare alla sua presenza. Ma le Scritture ci chiedono di cambiare completamente prospettiva. Quando ci chiediamo chi siamo davanti a Dio orientiamo tutto su noi stessi, su quello che siamo o che non siamo. E invece le Scritture partono sempre da Dio, dalle sue scelte nei nostri confronti, da ciò che lui ha operato a nostro vantaggio.
Dio, fin dall’antifona d’ingresso alla celebrazione eucaristica, viene descritto come la nostra roccia, il nostro più sicuro rifugio, colui che nell’amore e per amore ci guida. Questa è la prospettiva della prima lettura: Dio ha illuminato, e illumina, la nostra strada con la sua Parola che è presenza luminosa. Consentirgli di entrare in noi, fargli spazio nella mente, nel cuore, nelle scelte significa fare spazio a una vita autentica. Davanti a noi c’è sempre il bene e il male, la vita e la morte, sempre. Perché di questo è impastato il tempo e lo spazio.
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Ma se lui, la sua parola, la sua voce, la sua vita vive in noi, noi stessi saremo capaci di vita anche attraversando la morte, capaci di luce anche attraversando la notte. Per questo siamo beati, in questo è il segreto della felicità. Davanti a noi, ogni giorno, Dio dischiude il mistero del suo amore e della sua vita e rende i nostri occhi capaci di vederlo, di vedere ciò che mai occhio ha visto. Per questo il Vangelo osa rivolgerci una proposta da vertigine, per questo il Maestro di Nazaret ci spinge oltre ogni normalità.
Ce lo stiamo chiedendo più volte: «Perché accontentarci delle nostre prospettive, dei nostri traguardi?».
Dio ci rende capaci di una coscienza luminosa e trasparente, capaci di puntare in alto, di non farci bastare le logiche comuni solo perché “è quello che fanno tutti”. Noi possiamo amare, possiamo dare la vita, possiamo perdonare, possiamo ricominciare a essere figli amati. Come? Lasciamoci riempire di Vangelo, è il sì di Dio per noi.
Leggi la preghiera per questa domenica.
FONTE – Sr. Mariangela, sul sito cantalavita.com