Alla porta…
โEcco sto alla portaโ (Ap 3,20)
Cโรจ sempre qualcuno/Qualcuno alla porta della nostra vita, mendicante della nostra attenzione. Oppure noi stessi viviamo alla porta dellโaltro, in attesa che si accorga di noi.
Nelle parole di Gesรน del vangelo di questa domenica troviamo racchiuso il mistero del bisogno dellโaltro/Altro che fa umana la nostra vita. Provocazione a tinte forti per smascherare ogni ricchezza e autosufficienza che rende ciechi di fronte allโesistenza dellโaltro o ce lo fa guardare solo come strumento per soddisfare i nostri bisogni.
La parabola narrata oggi da Gesรน pone a confronto due uomini, un ricco e un povero, nelle loro sorti rovesciate in questa e nellโaltra vita.
Tuttavia il problema sollevato dalla parabola รจ oltre il contrasto ricchezza-povertร . Anche se collocato alla fine di una serie di detti relativi alla ricchezza e allโuso dei beni, la parabola vuole portare la nostra attenzione sullโatteggiamento di apertura o di chiusura verso lโaltro che รจ vicino a noi. Gesรน proseguirร infatti parlando ai suoi discepoli della vita comune e di come รจ necessario porsi in rapporto ai fratelli piรน piccoli o ai fratelli che peccano (Lc 17,1-6).
Entriamo nella parabola:
Gesรน presenta due mondi chiusi in due scene contrapposte, con i medesimi protagonisti.
Nella prima sono presentati i due tipi di uomini coinvolti.
Da una parte cโรจ lโโuomo riccoโ di cui non conosciamo lโidentitร . Uomo senza nome perchรฉ senza volto, tutto ridotto a ciรฒ che si vede del suo โesternoโ: di lui sono descritti i ricchi abiti e il comportamento abituale di โdarsi a lauti banchettiโ. ร un uomo chiuso nella sua autosufficienza, che ha posto se stesso come metro di misura della realtร . Questo essere concentrato tutto su di sรฉ e su ciรฒ che รจ esterno (che la parabola chiama โricchezzaโ), non gli permette di vedere lโaltro. Quindi lโโuomo riccoโ รจ senza nome perchรฉ la sua umanitร รจ sfigurata, avendo perso ogni riferimento con lโaltro fuori di sรฉ.
Lโaltro personaggio, invece, il povero, ha un nome preciso. Si chiama Lazzaro (che significa โDio aiutaโ). Ha un nome conosciuto da Dio e che parla di una realtร non visibile agli occhi: Dio aiuta. Anche se la sua vita sembra non proclamare la veritร del suo nome (come sperimenta lโaiuto di Dio questo povero a cui nessuno da nulla?), il suo atteggiamento di radicale apertura/bisogno di ricevere dallโaltro parla di โDio che aiutaโ. Solo chi sa e accetta di avere bisogno di ricevere tutto dai fratelli conoscerร che โDio aiutaโ. Di Lazzaro il narratore della parabola ci svela lโโinternoโ, il suo desiderio: era โbramoso di sfamarsiโฆโ. La sua fame bisognosa di essere soddisfatta e le sue ferite bisognose di cure sono il muto grido che Lazzaro innalza con la sua presenza alla porta del ricco. Solo โi caniโ raccolgono questo grido/desiderio, andando a lenire il dolore delle sue ferite: โi cani venivano a leccare le sue piagheโ. Lazzaro, lโaffamato, daโ da mangiare ai cani con il suo corpo. Paradosso di chi รจ nel bisogno che spesso trova spazi per sollevare il bisogno di qualcuno piรน bisognoso di lui.
A questa scena iniziale che fotografa il ricco e il povero in due posizioni contrapposte, fa da specchio la seconda scena dove troviamo ancora una volta due mondi chiusi: da una parte Lazzaro consolato nel seno di Abramo e dallโaltra il ricco tormentato nel regno dei morti. La morte di entrambi รจ lo spartiacque che segna due destinazioni differenti e contrapposte. Ma la parabola non vuole semplicemente dirci che la nostra condizione nella vita terrena deciderร la collocazione nella vita dopo la morte (legge del contrappasso).
La parabola รจ piรน profonda.
Nella seconda parte infatti sviluppa un dialogo โa distanzaโ fra il ricco e Abramo dove emergono due richieste: la prima di โmandareโ Lazzaro โa intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnare la linguaโ del ricco; la seconda di โmandareโ Lazzaro โa casa del padre ad ammonire i suoi cinque fratelliโ.
Nessuno stupore nel comportamento del ricco: chi era incapace prima di vedere il bisogno del povero Lazzaro alla porta della sua vita, โsolleva gli occhiโ ora e lo vede per la prima volta, ma solo come โstrumentoโ per soddisfare il suo bisogno (acqua) o per attenuare le sue paure (che i fratelli condividano la sua sorte). Al centro rimane sempre lโio del ricco che pensa di muovere lโaltro e la realtร secondo il suo volere. Sembra che anche nel momento in cui il ricco si apre vedendo Lazzaro, tutto sia ormai chiuso per lui. Lโabisso che lo separava da Lazzaro ora appare incolmabile.
Ma la parabola lascia aperto uno spiraglio di speranza per quel ricco (per tutti noi che siamo attaccati al nostro io facendone una forma di ricchezza!).
Prima di tutto nel modo in cui il padre Abramo gli si rivolge: โfiglioโ. ร davvero toccante questo nome con il quale Abramo lo chiama. Sembra quasi che il grido del ricco (โpadre Abramo abbi pietร di me!โ) abbia risvegliato in lui la sua dignitร filiale. Non si รจ comportato da โfiglioโ mentre era in vita perchรฉ non ha riconosciuto in Lazzaro un fratello, ma cโรจ ancora un โfiglioโ in lui. E Dio puoโ restare insensibile di fronte a un figlio che grida a Lui (cfr. Lc 11,5-13)?
Un altro elemento di speranza lo troviamo nellโultima risposta di Abramo: โhanno Mosรฉ e i profeti: ascoltino loroโ. Dio non smette di rivolgere allโuomo una parola che lo possa aiutare ad aprirsi. Lโascolto di una parola vicina (โQuesta parola รจ molto vicina a te, รจ nella tua bocca e nel tuo cuore, perchรฉ tu la metta in praticaโ, Dt 30,14) puรฒ ancora aprire lโuomo alla salvezza, cioรจ a convertirsi dallโattaccamento alle sue ricchezze che lo rendono cieco. ร proprio lโascolto della parola di โMosรฉ e dei profetiโ (cioรจ di tutta la Scrittura!) che potrร aprire al riconoscimento del Figlio: รจ Lui infatti che โda ricco che era si รจ fatto poveroโ (2Cor 8,9) e che tornando dai morti ha attraversato lโabisso. Sรฌ, ora cโรจ un ponte aperto fra il regno dei morti e il โseno di Abramoโ. Quel ponte รจ Gesรน stesso, Lui che tiene aperta per noi la possibilitร di vivere da figli e da fratelli, anche quando la ricchezza del nostro io ci chiude fino a farci morire.
Viviamo quindi nella speranza, tenendo aperto il varco dellโascolto della Parola. Sarร questa parola ad aprirci le porte del Regno, passando per il mondo dellโaltro riconosciuto come fratello!
Commento a cura delle Clarisse di S. Gata Feltria