La preghiera della fede
Continuiamo a lasciarci guidare dall’insegnamento di Gesù, mentre va verso Gerusalemme, nel comprendere meglio cosa sia la fede. Il Vangelo di questa Domenica ci fa intuire che c’è una relazione profonda tra l’atteggiamento di fede e la consapevolezza della presenza di Dio, e quindi la vita di preghiera. È una connessione intrinseca, perché non ci può essere preghiera se non c’è fede.
“Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”. La ragione della necessità di pregare, e di pregare “sempre”, sta nella natura stessa della preghiera. Noi spesso non comprendiamo la necessità di pregare perché abbiamo un’idea infantile della preghiera, come se la preghiera consistesse nell’esporre a Dio i nostri bisogni, o, peggio ancora, nel sollecitare Dio a fare qualcosa che non sta facendo, in modo da supplire alle nostre carenze. Ma l’azione di Dio ci avvolge continuamente e ci offre molto di più di quello che noi desideriamo. La preghiera è un esercizio per essere in armonia con la Sua Parola, in sintonia con la Sua azione; per essere in comunione con Lui.
Per questo la preghiera è necessaria, ed è necessaria a tutti. Ci è necessario pregare sempre per sulla stessa lunghezza d’onda della Parola di vita che ci raggiunge e ci fa crescere come figli di Dio. Questa è la ragione per cui ci è necessario pregare sempre cercando di fare di ogni realtà, contenuto della preghiera. Sappiamo che si può smettere di pregare, ridurlo a un’azione esterna che non trasforma più la persona. Sappiamo che si può rifiutare di fare di certe realtà preghiera perché non le si vuole affrontare di persona, prima ancora che davanti al Signore. La preghiera forse diventa l’arte di assumere, nella durata, le vicende come tempi di relazione con il Signore.
Nel variare di tutto, in primo luogo di se stessi, ciò che può dare un’unità e un senso nella frammentazione è proprio questa relazione di fede. Ma come si fa a pregare senza stancarsi mai? Gesù spiega il motivo di questo sottolineando, con una parabola, che è possibile solo se la preghiera diventa una necessità. La vedova è qualcuno che non ha nessuno che si prende cura di lei, che la difende, che la sostiene. Ma questa vedova davanti anche all’uomo ingiusto non si ferma nella sua richiesta e questo perché per lei è necessario, è indispensabile, ne va della sua stessa vita. Grida giorno e notte chi capisce che è necessario avere un rapporto con Dio per poter avere vita. Spesso non sentiamo questa urgenza, questo “necessario” per cui pregare appartiene alle mie esigenze vitali.
“Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?”. La fede resta solo se c’è questo grido che sale verso Dio, solo se c’è l’invocazione: l’abbandono nella preghiera è la premessa dell’abbandono nella fede. La preghiera nasce dalla fede e la fede è curata, custodita e mantenuta viva dalla preghiera. Certamente la preghiera non è un atto di forza, ma è azione di deboli e chiede di riconoscersi tali, di riconoscersi bisognosi di uno sguardo più grande, di uno sguardo d’amore sulla nostra vita. Nello stesso tempo la preghiera personale e liturgica aiuta ad assumere, portare e vivere se stessi come deboli, dà forza nella debolezza. Nella supplica, espressione della nostra debolezza, c’è l’unico elemento di forza di cui si può disporre: nella debolezza sta la propria forza.
“Il Figlio dell’uomo alla sua venuta troverà la fede sulla terra?”. Solo una vita di preghiera, di relazione profonda con il Signore ci può permettere di vivere nella fede l’oggi della vita alla luce della fine, cioè del Regno che viene, della promessa di cieli e terra nuovi e della Gerusalemme celeste in cui ogni lacrima sarà asciugata. La preghiera è il tempo di custodia di questa memoria, è la luce in questa attesa. La fede che Gesù desidera trovare alla fine dei tempi si prende cura dell’altro, perché non venga meno nell’attesa della venuta del Figlio dell’uomo, perché sa che è dura. Si tratta di vedere e ascoltare il grido di chi è senza voce, l’urlo che cade al suolo perché non trova ospitalità, il rantolo di chi non sarà pianto da nessuno. La preghiera che sale a Dio diventa allora anche denuncia di ciò che si oppone al suo regno nella nostra storia e forza che con la sua perseveranza, può piegare anche il cuore dei potenti.
Commento a cura delle Clarisse di S. Gata Feltria