Sorelle Povere di Santa Chiara – Commento al Vangelo di domenica 24 Settembre 2023

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Chiamati per un dono

Oggi la Parola corregge l’immagine retributiva di Dio che molto spesso coltiviamo nel nostro cuore e ci fa vivere rapporti “commerciali” con Lui. E ci presenta un Dio i cui pensieri “non sono i nostri pensieri, e le cui vie non sono le nostre vie”, come proclama il profeta Isaia nella prima lettura. Allo stesso tempo la parabola narrata da Gesù ci dona di entrare nella logica del Regno, quella che guida le “scelte” di Dio lungo il dispiegarsi della storia.

Il racconto di Gesù descrive una scena molto comune nella Palestina del suo tempo: “un padrone di casa che esce all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna” e si accorda con loro per un compenso. Fin qui tutto normale. La parabola tuttavia presenta subito delle “anomalie”: questo padrone di casa continua a “uscire” per chiamare altri operai lungo tutte le ore della giornata. Esce “verso le nove del mattino”, a “mezzogiorno”, “verso le tre” e “verso le cinque”, sempre con lo stesso scopo.

E’ veramente infaticabile nella sua opera di ricerca e sembra che nella sua vigna ci sia spazio per un numero infinito di operai… L’insistenza del padrone nel cercare lavoratori sembra essere dettata più dalla preoccupazione che costoro non rimangano “senza far niente e disoccupati” piuttosto che dall’esigenza di avere un numero adeguato di operai. L’interesse di questo padrone e delle sue uscite continue è “sbilanciato” su coloro che sta chiamando piuttosto che sulla buona riuscita del lavoro (della quale non si fa neppure un accenno!). Questo particolare è molto importante perché ci aiuta a capire anche l’ultima parte della parabola.

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Dio “esce” sempre per chiamare alla “sua vigna”, per entrare a servizio del suo Regno. Questa è la logica che Dio segue: Egli non si stanca di convocare persone che possano vivere la vita come dono di sé, uscendo da quell’inerzia e attesa che caratterizzano chi non sa per cosa vivere. Per Dio tutte le ore sono propizie per raggiungere qualcuno che ancora non ha trovato dove “lavorare”, dove spendersi per qualcosa che lo faccia vivere.

Nella parabola poi notiamo che solo ai primi lavoratori il padrone promette una ricompensa precisa: “si accordò con loro per un denaro al giorno”; ad altri assicura “quello che è giusto ve lo darò”; ma per tutti gli altri chiamati nelle ore successive non si parla di alcuna ricompensa. Certamente questo è un artificio letterario che permette di cogliere tutta la portata sconvolgente della scena finale quando saranno ricompensati prima gli ultimi fino ai primi. Tuttavia questo particolare sembra sottintendere qualcosa di più: Dio promette a chi chiama una giusta ricompensa per il proprio lavoro (non dimentichiamo che “un denaro al giorno” era la paga abituale per un operaio del tempo di Gesù) oppure la parabola ci sta dicendo che la chiamata di Dio è la “giusta ricompensa” per chi è mandato a lavorare la vigna di Dio?

A questo proposito è molto interessante il dialogo che il padrone di casa intrattiene con gli ultimi operai trovati “verso le cinque”: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Dio si preoccupa di loro, della loro situazione di solitudine e di abbandono: non sono stati notati da nessuno, nessuno ha riconosciuto il loro bisogno e ha dato loro qualcosa per cui spendere la vita e vivere (lavorare implica infatti la possibilità di mangiare). L’invio nella vigna nasce quindi non tanto dall’interesse per la vigna, ma dall’interesse per costoro, perché tutti abbiano la gioia di lavorare e di donarsi trovando il necessario per vivere. Sì il nostro Dio è uno a cui sta a cuore che ogni uomo possa vivere, amare, spendersi nel dono di sé, che è l’unica occupazione degna dell’uomo.

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E ora soffermiamoci sulla scena finale che si svolge la sera di quella lunga giornata di lavoro. Notiamo ancora una volta che c’è una chiamata finale per quegli operai: “il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga”. E’ la chiamata definitiva, quella che mette in luce il valore di quella giornata di lavoro. L’inversione dell’ordine di “pagamento” (prima gli ultimi e poi i primi) ci dice che il padrone della vigna vuole mostrare ai primi ciò che Egli sta elargendo agli ultimi. Questi ultimi ricevono “un denaro”, quello che il padrone aveva promesso ai primi. Secondo la nostra logica retributiva non è giusto che chi ha sudato tutto il giorno riceva quanto coloro che hanno lavorato un’ora soltanto. Noi misuriamo la ricompensa in base al tempo e alla fatica impiegati nel compiere un’opera. Tanto che subito gli operai della prima ora coltivano nel cuore la pretesa di ricevere di più. E quando questo non accade, iniziano a mormorare contro il padrone di casa. Ma Dio vuole mostrare a tutti gli operai chiamati che Lui non agisce secondo la logica commerciale del “dare e avere”. Per tutti Dio prepara una “ricompensa” finale. Ma quella “ricompensa” non è quantificabile in un di più o di meno: perché quando Dio dà qualcosa a qualcuno non può donare meno di se stesso. Quindi quel “denaro” uguale per tutti è proprio il dono che Dio fa di sé a ciascuno degli operai. Dio-Amore non può donare che amore. E l’amore è la ricompensa che Dio dà a ciascuno. Senza alcuna differenza.

Ma davvero non c’è alcuna differenza fra chi ha lavorato tutta la giornata e ha risposto per primo alla chiamata di Dio e chi ha risposto solo alla fine della vita?

La parabola sembra dirci che dal punto di vista “retributivo” (che è il nostro) non c’è alcuna differenza. Ma se guardiamo la scena da un altro punto di vista, quello di Dio che chiama, allora notiamo che la vera differenza sta nel fatto che i primi operai hanno avuto il “dono” di essere stati scelti e chiamati a donarsi fin dall’inizio della giornata, della vita; e, avendo risposto di sì, hanno potuto vivere nella logica del dono lungo tutto il dispiegarsi del tempo; hanno potuto fare più bella la vigna del mondo; e hanno potuto “godere” di essere stati nella vigna di Dio per tutto il tempo della loro vita. Questo è quel “di più” che i primi lavoratori non vedono di aver già ricevuto…

Gesù sta rivelando qui il volto di Dio che dona a coloro che chiama secondo la grandezza del suo amore e non secondo la misura della risposta dell’uomo! Uscire dalla nostra logica calcolatrice, ci permetterebbe forse di “godere” di più di quello che fin d’ora Dio ci sta donando, avendoci chiamati a spendere la vita nella sua vigna, a servizio del suo Regno! Ci permetterebbe soprattutto di godere della bontà di Dio che vuole dare a tutti ciò che ha promesso a noi: se stesso!

Commento a cura delle Clarisse di S. Gata Feltria