Il peso della Verità
Il cammino nel tempo ordinario riprende mostrandoci il volto di Dio Padre, Figlio e Spirito santo. Nel mistero del Suo amore è immersa la nostra vita come cammino verso la “verità”.
Le parole di Gesù nel Vangelo di oggi sono la consegna estrema del Figlio ai suoi discepoli. Parole “pesanti” in quanto sono le ultime che Egli rivolge loro: qui è racchiuso il mandato di una vita da continuare a vivere “in Lui, con Lui e per Lui”, una vita che si lascia trasformare dall’ascolto della Sua parola e dalla relazione con Lui.
Ogni incontro lascia in noi un segno.
L’incontro con il Figlio (e con il Padre di cui il Figlio è narrazione ultima, cfr. Gv 1,18) lascia nei discepoli lo Spirito (“l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo”, Rm 5,5). Al discepolo di Gesù, ad ogni cristiano, è donato lo Spirito, Colui che rende personale la relazione d’amore fra il Padre e il Figlio.
Ora, il vangelo che oggi ascoltiamo, ci presenta il cammino che la nostra vita cristiana è chiamata a compiere per entrare nella sua “verità”.
Gesù dice ai suoi che egli “ha molte cose ancora da dire loro, ma per il momento non sono capaci di portarne il peso. Però, quando verrà lo Spirito della verità, li guiderà a tutta la verità”.
Gesù è la Parola ultima e definitiva del Padre per noi: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1). E questa Parola che Egli ci ha “rivolto” “ha ancora molte cose da dirci”.
Cosa può esserci ancora da dirci?
Certo Gesù dice questo prima della sua donazione ultima nella sua Pasqua di morte e resurrezione. Quindi, le “molte cose che Egli ha ancora da dire” ai discepoli sono proprio “la Parola della Croce”(come la definisce S. Paolo in 1Cor 1,18). Tuttavia, a noi che ascoltiamo queste parole dopo l’Ora della croce, queste “cose cheha ancora da dirci”sono l’esperienza personale di quella medesima “Parola della Croce”, là dove possiamo incontrare “la verità” dell’amore di Dio per noi.
Tuttavia Gesù afferma che “per il momento non siete capaci di portarne il peso”. La “Parola della croce” è una Parola “pesante”, incomprensibile, assurda, stolta, debole (cf. 1Cor 1,18-30) che non possiamo portare con le nostre forze!
L’unico che può portarne il peso è Gesù. Infatti il verbo greco che indica il“portare il peso” è molto spesso utilizzato nel contesto della passione di Gesù:
“…Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato (ha portato il peso) delle malattie” Mt 8,17;
“egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota” Gv 19,17.
Ma anche il discepolo è chiamato a “portarne il peso” e di fatto questa sarà l’esperienza di Paolo e degli altri discepoli:
“Colui che non porta (il peso) la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” Lc 14,27;
“io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo” Gal 6,17); cf. anche Mt 20,12; At 9,15; Rm 15,1; Gal 6,2.5.
C’è un tempo in cui la “parola della Croce”è un peso insostenibile.
Sì perché è sempre difficile accettare che la logica dell’amore (di ogni amore!) passi per la morte di una donazione totale e gratuita. Come contempliamo nella Pasqua di morte e resurrezione di Gesù!
Solo lo Spirito di Dio renderà possibile “portare il peso” di questa Parola nella quale è nascosta la dichiarazione permanente e ultima dell’amore di Dio!
“Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”, cioè sarà la nostra guida, aprirà la strada perché possiamo entrare nella Verità che è l’amore di Dio nella forma in cui il Figlio ce lo ha rivelato. Lo Spirito ci introdurrà nella verità che è il dono d’amore di Gesù sulla croce e renderà possibile la nostra sequela di Lui nella forma di quell’amore: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo” Gv 13,7; “Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi” Gv 13,36 dice Gesù a Pietro prima della passione. “Dopo” e “più tardi” sarà possibile seguire il Maestro nella sua stessa donazione d’amore, non prima!
Quel “dopo” e “più tardi” di cui Gesù parla a Pietro sono “le cose future” che lo Spirito “ci annuncerà”.
“Le cose future”(letteralmente “le cose venienti”) non sono quindi eventi misteriosi che appartengono al futuro, ma fanno riferimento alla Pasqua di Gesù. E’ la Pasqua di Gesù il futuro e la verità ultima della vicenda umana. Cioè solo l’amore ostinato e perdente di Gesù è “la verità” profonda in cui l’uomo e la storia sono chiamati ad entrare.
Le “cose venienti” sono perciò la Pasqua di Gesù in noi. Per questo Giovanni le chiama “cose future”, venienti in quanto deve“avvenire” la vita di Lui in noi.
“Lo Spirito ce le annuncerà”: cioè ci farà comprendere che “portare il peso” della “Parola della croce” è il Vangelo per noi. L’annuncio dello Spirito è sempre infatti una parola di Vangelo, di salvezza.
Di qui passa la nostra possibilità di vivere seriamente il vangelo.
E di conoscere l’amore del Padre, così come ce lo ha rivelato il Figlio, nello Spirito santo.
Commento a cura delle Clarisse di S. Gata Feltrie