Solennità di Pentecoste. Il Magistero di Benedetto XVI sullo Spirito Santo

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Domenica 31 maggio 2009, alle ore 9.30, il Papa celebrerà nella Basilica Vaticana la Santa Messa della Solennità di Pentecoste. Alla Celebrazione, sottolinea la notifica dell’Ufficio Celebrazioni Liturgiche, sono invitati i fedeli della diocesi di Roma e i pellegrini presenti in città. Ripercorriamo alcune riflessioni di Benedetto XVI sullo Spirito Santo e la Pentecoste nel servizio di Alessandro Gisotti (Canto Veni Sancte Spiritus).

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Con l’evento della Pentecoste, lo Spirito Santo supera la rottura iniziata a Babele, la confusione dei cuori, ed apre le frontiere, conducendo gli uni verso gli altri: nel suo Magistero, Benedetto XVI sottolinea che la Pentecoste è segno di comunione e di un amore più forte delle divisioni provocate dall’uomo. Il 15 maggio 2005, il Papa celebra la Pentecoste per la prima volta dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro e avverte: senza lo Spirito Santo, la Chiesa “si ridurrebbe a un’organizzazione meramente umana, appesantita dalle sue stesse strutture”. Per questo, deve sempre guardare alla sua nascita, all’irruzione sorprendente del vento e del fuoco nel Cenacolo: “La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati (…) Vento e fuoco dello Spirito Santo devono senza sosta aprire quelle frontiere che noi uomini continuiamo ad innalzare fra di noi; dobbiamo sempre di nuovo passare da Babele, dalla chiusura in noi stessi, a Pentecoste”.   L’anno successivo, il Papa si sofferma sul significato delle lingue di fuoco che scendono su Maria e gli Apostoli, mentre sono raccolti in preghiera: questo evento – afferma il 4 giugno 2006 – sancisce l’estensione dell’antico Patto di Dio con Israele a tutti i popoli della terra: “Lo Spirito, con il dono delle lingue, mostra che la sua presenza unisce e trasforma la confusione in comunione. L’orgoglio e l’egoismo dell’uomo creano sempre divisioni, innalzano muri d’indifferenza, di odio e di violenza. Lo Spirito Santo, al contrario, rende i cuori capaci di comprendere le lingue di tutti, perché ristabilisce il ponte dell’autentica comunicazione fra la Terra e il Cielo. Lo Spirito Santo è l’Amore”. “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”: questo versetto degli Atti degli Apostoli è scelto dal Papa come tema della Gmg di Sydney dello scorso anno. Ai giovani, riuniti a Roma il 13 marzo 2008, in prossimità della Domenica delle Palme, il Papa parla della gioia che deriva dall’aprire i cuori alla misericordia di Dio, al Suo Spirito: “Di questa gioia che viene dall’accogliere i doni dello Spirito Santo fatevi portatori, dando nella vostra vita testimonianza dei frutti dello Spirito: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé”. Ricordate sempre che siete “tempio dello Spirito”; lasciate che Egli abiti in voi e obbedite docilmente alle sue indicazioni, per portare il vostro contributo all’edificazione della Chiesa e discernere a quale tipo di vocazione il Signore vi chiama”. E due mesi dopo, l’11 maggio 2008, il Papa ribadisce: a Pentecoste “si rende chiaro che la Chiesa appartengono molteplici lingue e culture diverse”. Ma la Chiesa cattolica, avverte, non è una federazione di Chiese, è un’unica realtà: “A Pentecoste la Chiesa viene costituita non da una volontà umana, ma dalla forza dello Spirito di Dio. E subito appare come questo Spirito dia vita ad una comunità che è al tempo stesso una e universale, superando così la maledizione di Babele. Solo infatti lo Spirito Santo, che crea unità nell’amore e nella reciproca accettazione delle diversità, può liberare l’umanità dalla costante tentazione di una volontà di potenza terrena che vuole tutto dominare e uniformare”. (canti)