Schiave. Trafficate, vendute, prostituite, usate. Donne

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E’ il nuovo libro della San Paolo scritto a quattro mani da Anna Pozzi, giornalista della testata Mondo e Missione del Pime, e Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata. Il volume – che provoca l’indifferenza delle istituzioni, della società e della comunità cristiana – è stato pubblicato il 18 ottobre scorso in concomitanza con la “Giornata Europa di lotta contro la tratta di esseri umani”.

Il servizio di Fabio Colagrande per Radio Vaticana.

Donne che non scelgono di prostituirsi ma sono costrette a farlo; con la forza, con l’inganno, con il ricatto che subiscono per il debito contratto con chi le porta in Italia o per l’assenza di documenti che le rende perseguibili legalmente. Sono le nuove schiave del duemila vittime della ‘tratta’. Arrivano in Italia dai Paesi dell’Est e soprattutto dalla Nigeria. Due milioni e settecentomila le persone vittime del traffico di esseri umani secondo l’Onu, di cui l’80 per cento costituito da donne e minori, per un business mondiale di circa 32 miliardi di dollari. Ma dietro le cifre ci sono le persone, ragazze ridotte a “corpi-merce”. Storie di povertà, maltrattamenti in famiglia, ricatti affettivi e riduzione in schiavitù, come spiega la giornalista Anna Pozzi:

“La maggior parte delle ragazze che sono in strada o che sono in appartamenti, nei luoghi al chiuso, non sceglie di prostituirsi: è costretta a farlo. E’ costretta con l’inganno, spesso all’inizio. E’ costretta dalle condizioni di vita veramente impossibili in cui queste ragazze nascono e crescono, ed è costretta dal ricatto. Per esempio, per quanto riguarda le nigeriane, ma anche le brasiliane, devono restituire un debito enorme che può andare dai 40-50 mila euro fino anche a 70 mila euro, il che significa anni e anni di strada e migliaia di prestazioni sessuali, ma anche di abusi, violenze e così via. Solo alla fine del pagamento di questo debito, le ragazze potranno essere libere, ma a quel punto davvero si portano sia sulla pelle, fisicamente, ma anche nell’anima, ferite pesantissime che rendono davvero molto difficoltosa qualsiasi iniziativa di recupero personale, o attraverso le case di accoglienza o tutte quelle istituzioni e servizi che cercano di dare una nuova chance di una vita dignitosa, che le faccia tornare donne”.

Il libro racconta però che le catene si possono spezzare. Più di una ragazza ha abbandonato la strada grazie ad associazioni, congregazione religiose, Caritas, parrocchie e a molti ex-clienti. In Italia, in particolare, suor Eugenia Bonetti dirige da dieci anni un ufficio specifico – che si occupa della “tratta di donne e minorenni per lo sfruttamento sessuale” – dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi), organismo che coordina 250 suore appartenenti a 75 Congregazioni:

“L’anno del Giubileo ha significato spezzare le catene degli schiavi, e noi ci trovavamo di fronte ad una nuova forma di schiavitù: la schiavitù moderna di queste donne e di queste minori. Allora, abbiamo iniziato a creare un collegamento, ad aiutare le Congregazioni a lavorare insieme. Ma non solo lavorare in rete tra noi, come suore italiane: abbiamo puntato immediatamente sui Paesi di origine, perché se non c’è contatto con i Paesi d’origine, non si possono dare risposte. Quindi, già nel 2000 noi abbiamo invitato tre suore nigeriane a venire in Italia, a rendersi conto di che cosa stesse capitando. E lì è iniziata la nostra collaborazione con la Chiesa nigeriana e anche con l’ambasciata nigeriana, perché i nostri conventi hanno incominciato ad aprire le loro porte per accogliere queste donne. Oggi, sono veramente migliaia le donne che hanno ricevuto accoglienza, che sono state recuperate da questo servizio che in silenzio, con gioia, le suore hanno offerto per restituire a queste donne la voglia di vivere”.

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