ยซVenite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darรฒ ristoroยป (Mt 11,28)
Consolati da Cristo per essere noi stessi consolazione degli afflitti
- Andiamo a Lui, noi che siamo affaticati ed Andiamo a Lui, noi che portiamo dei macigni nel cuore, che non capiamo che cosa ci stia accadendo, che non abbiamo ancora saputo risolvere i grandi interrogativi della nostra vita. Andiamo a Lui, noi che siamo sconvolti dalle disgrazie, dalla malattia, dal dolore e dalla sofferenza, dopo averli strenuamente combattuti, dopo averne cercato in ogni modo il ยซperchรฉยป โฆ perchรฉ proprio ยซadessoยป, perchรฉ proprio a me, perchรฉ proprio in questo modo.
Accogliamo lโinvito che ci viene dal Vangelo di Matteo in questa XXVIII Giornata Mondiale del Malato: ยซVenite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darรฒ ristoroยป e cerchiamo di comprenderne insieme il significato.
Qual รจ questo ristoro che Gesรน ci offre? Perchรฉ dovremmo prestare fede alla sua Parola? Anzitutto perchรฉ la sua รจ una Parola che illumina la mente e apre il cuore. Ci permette lโaccettazione della sofferenza con lo stesso spirito con cui egli accettรฒ la sua croce e la morte, ci consente di viverla come tempo di semina condotta nelle lacrime, ma piena di gioia nella raccolta. Inoltre, invita a metterci alla sua sequela, con mitezza e umiltร , per renderci capaci di accogliere con sentimenti di pazienza, dolcezza e perdono anche le situazioni che ci appaiono ingiuste e ingrate, senza lasciarci dominare dalla reazione naturale che induce al rancore, alla rivendicazione, a sentimenti di ostilitร . Il dominio su questi moti dello spirito dona tranquillitร alla mente e pace al cuore.
Andiamo a lui: รจ il Signore lโunico e il solo che offre speranza, che realizza la salvezza in noi. ร lui, il Signore, che puรฒ offrire una sosta di ristoro nel difficile cammino della vita. E impariamo da lui ad accogliere con mitezza e con umiltร gli eventi, consapevoli dei limiti che la vita porta in sรฉ, dei limiti che portiamo nel nostro cuore. Imitare Cristo รจ lโobiettivo della nostra vita: imitarlo nella visione del Padre, nella compassione verso gli uomini, verso la lucida consapevolezza di ciรฒ che siamo chiamati a diventare e a essere. Imitare Cristo significa, concretamente, conoscerlo, far diventare il Vangelo metro di giudizio per ciรฒ che scegliamo e che diciamo.
- In secondo luogo, la Parola ci rivela che il Signore rimane sempre fedele al suo amore per noi, non si stanca di E si prende cura di noi, ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua misericordia. Non si stanca neanche di consolarci!
โConsolareโ significa rassicurare, incoraggiare qualcuno aiutandolo a rivolgere il suo sguardo oltre le prove contingenti, verso il Signore, ricordandogli le promesse di Dio, che mai ci dimentica e che mai ci abbandona1. Chi si trova nella prova ha bisogno di questa speranza, ha bisogno di questa pace e della consapevolezza che il Signore conosce tutte le nostre difficoltร , che non ci lascia mai soli e non ci abbandona mai. Se noi abbiamo questa consapevolezza per esperienza, allora siamo in grado di incoraggiare altri a fare lo stesso.
In questa prospettiva si comprende lโaffermazione dellโApostolo: ยซNoi che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermitร dei deboli, senza compiacere noi stessiยป2. Questa espressione ยซnoi che siamo i fortiยป potrebbe sembrare presuntuosa, ma nella logica del Vangelo sappiamo che non รจ cosรฌ, anzi, รจ proprio il contrario, perchรฉ la nostra forza non viene da noi, ma dal Signore.
- Il primo passo per diventare noi i forti รจ quello di saper accogliere la nostra vita cosรฌ come il Signore ha voluto donarcela: con i suoi carismi, ma anche con i suoi limiti, con le sue gioie, ma anche con le sue sofferenze, con le sue croci buie, ma illuminate dalla luce del
Sappiamo, infatti, per esperienza, che se alle volte รจ faticoso prendersi cura dellโaltro, ancora piรน difficile รจ lasciarsi curare; se alle volte facciamo fatica a consolare i fratelli, molto spesso ci ribelliamo interiormente fino a rifiutare ogni forma di consolazione che ci venga offerta.
Chi sperimenta nella propria vita lโamore fedele di Dio e la sua consolazione รจ in grado e in dovere di stare vicino ai fratelli piรน deboli e di farsi carico delle loro fragilitร . Se siamo vicini al Signore, avremo quella fortezza per essere accanto ai piรน deboli, consolarli e dar loro forza. Questo noi possiamo farlo senza compiacere noi stessi, sentendoci semplicemente come un canale attraverso il quale il Signore riversa i suoi doni sullโumanitร sofferente e divenendo, in tale modo, seminatori di speranza.
Non possiamo aiutare gli altri se noi non siamo โqualcunoโ; un semplice discorso fatto agli altri non aiuta. Non si formula, non รจ proposto al momento giusto se noi non siamo e non ci identifichiamo con quello che diciamo. Quando noi ci identifichiamo con quello che diciamo? Quando ciรฒ che diciamo รจ quello che veramente pensiamo, quello che portiamo dentro: รจ lโesperienza che noi quotidianamente viviamoโฆ ร quel tesoro in vasi di argilla!
- Non dobbiamo illuderci che relazionarsi con la sofferenza, in particolare con le persone ammalate, non comporti difficoltร ; dโaltro canto non esiste nessuna tecnica di avvicinamento che possa supplire la veritร della nostra persona quando parliamo con un ammalato. Dobbiamo essere veri e dobbiamo essere convinti di quello che diciamo, al punto da viverlo nella nostra persona: in questo modo abbiamo una possibilitร in piรน di essere dโaiuto.
Di fronte allโammalato รจ di consolazione non necessariamente il sacerdote, non per forza il professionista, ma chi sa proferire la parola giusta, nel modo e nel momento giusto, perchรฉ โconsolareโ non significa saper affrontare il problema a livello scientifico, religioso o psicologico. Consolare significa dire ad unโaltra persona quella parola che lo aiuta veramente a vivere, che le propone un valore autentico per il quale vale la pena di resistere e lottare con perseveranza.
- Non si consola un ammalto dicendogli ยซguarda che potrai anche guarireยป, nascondendogli in questo modo una parte della veritร , ma si consola lโammalato dicendogli delle parole vere.
Le parole del Vangelo sono sempre vere e noi dobbiamo avere il coraggio di non dire parole nostre, ma di dire, con la nostra vita, le parole del Vangelo, anche se possono sembrare assurde agli occhi degli uomini. Se vogliamo essere credibili, dobbiamo diventare noi stessi dei vangeli viventi.
Bisogna far capire ad una persona che sta cambiando, che puรฒ cambiare3. Bisogna avere il coraggio di dire che la malattia รจ una grazia4 e il dolore รจ un mezzo che ci mette in comunicazione con il nostro corpo:
ยซho sempre considerato il corpo come lโespressione visibile dellโessere che cโรจ in ogni persona, comunque sia il corpo: sofferente e deformato o contorto. Un corpo che comunica, che ha un linguaggio fatto di posizioni, attitudini, movimenti, dolori. Sta a noi sapere decodificare il linguaggio, il messaggio che lโessere ci vuole trasmettere. Questo ci obbliga ad ascoltare per poter comprendere quello che ci vuole direยป5.
- Nel dolore vengono inoltre alla luce la malattia e la morte, cui la malattia rimanda. ร la minaccia di morte che desta nellโuomo una condizione di dolore che egli non รจ in grado di eliminare.
Lโuomo che non raggiunge la serena accettazione del dolore e della sofferenza รจ un uomo che non riuscirร ad entrare in dialogo con il proprio corpo: cosรฌ facendo non entrerร in dialogo con se stesso, ma nemmeno con gli altri, compreso quel totalmente Altro che รจ Dio. Sarร un uomo che ascolta poco e parla molto. Sarร un uomo totalmente incapace di accogliere ed ammaestrare lโaltro, perchรฉ per trasmettere qualcosa a qualcuno bisogna anzitutto saperlo ascoltare.
Oggi viviamo in un mondo in cui tutti si sforzano di parlare sempre di piรน e la virtรน dellโascolto sembra stia andando smarrendosi. ร comune esperienza che spesso siamo maggiormente edificati dal silenzio accogliente di una persona che per amore dignitosamente accetta la propria sofferenza, che dai tanti discorsi di colui in cui domina solamente lo stridore dei suoi pensieri. Il piacere imprigiona lโuomo nel proprio corpo e perciรฒ non puรฒ essere epifania della veritร dellโessere umano. Il dolore e la sofferenza, invece, aprono lโuomo alla communio personarum6.
- Nellโimmagine scelta questโanno dellโUltima Cena di Giotto รจ la fisicitร del corpo che Giuda, con lโaureola sbiadita, intinge il boccone nel piatto con il Maestro; Gesรน, guardando gli Apostoli, offre anche a ciascuno di noi un abbraccio che รจ al tempo stesso fisico ed eucaristico, ed รจ dono; ma soprattutto Giovanni, apostolo prediletto, trova riposo nellโabbraccio accogliente di Cristo. Consolazione e ristoro attingono allโEucaristia.
- La Giornata Mondiale del Malato ha ยซlo scopo manifesto di sensibilizzare il popolo di Dio e, di conseguenza, le molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa societร civile, alla necessitร di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi รจ ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello soprannaturale, la sofferenza; a coinvolgere in maniera particolare le diocesi, le comunitร cristiane, le Famiglie religiose nella pastorale sanitaria; a favorire lโimpegno sempre piรน prezioso del volontariato; a richiamare lโimportanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari e, infine, a far meglio comprendere lโimportanza dellโassistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, nonchรฉ di quanti vivono ed operano accanto a chi soffreยป7.
Oggi, undici febbraio, la memoria liturgica di Nostra Signora di Lourdes ci riporta nella piccola localitร ai piedi dei Pirenei, scelta da Maria per manifestare allโumanitร intera la sua materna sollecitudine nei confronti dei malati. Lรฌ, nella grotta di Massabielle, ai piedi della Vergine Immacolata, ogni uomo e ad ogni donna segnati dalla sofferenza e dalla malattia, cosรฌ come coloro che se ne prendono cura, hanno quotidianamente la possibilitร di sperimentare quella consolazione spirituale e quella grazia rigeneratrice che Dio concede, per mezzo di Maria, a quanti la implorano con fede sincera.
A cura dellโUfficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI
NOTE
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- โEcco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondoโ (Mt 28,20).
- Rm 15,1.
- E. Corecco, Sulla malattia e sulla sofferenza, Quaderni Caritas Ticino, Lugano (CH), 1995.
- San Giovanni Paolo II insegna che ยซAttraverso i secoli e le generazioni รจ stato costatato che nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente lโuomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro profonda conversione molti Santi, come ad esempio San Francesco dโAssisi, SantโIgnazio di Loyola, Frutto di una tale conversione non รจ solo il fatto che lโuomo scopre il senso salvifico della sofferenza, ma soprattutto che nella sofferenza diventa un uomo completamente nuovo. Egli trova quasi una nuova misura di tutta la propria vita e della propria vocazioneยป, Giovanni Paolo II, Salvifici doloris (11.2.1984), n. 26.
- L. Bertelรจ, Il tuo corpo ti parla, Baldini & Castoldi, Milano 1995, 64.
- P. Bonini, H. Quirรฒs Quintรฉro, Se tu vuoi, puoi guarirmi!, CISU, Roma 2012, pp. 51-56.
- Giovanni Paolo II, Lettera per lโistituzione della Giornata Mondiale del Malato (13.5.1992), 2.