Nato intorno al 250 in una famiglia cristiana, dopo la morte dei genitori, tra i 18 e i 20 anni Antonio lascia i beni e la sorella per seguire il Signore e, alla scuola di un anziano monaco rimasto anonimo, impara ad arricchire la sua vita spirituale trascorrendo le sue giornate nel lavoro e nella preghiera ininterrotta.
Al sopraggiungere di un periodo di crisi e di tentazione, caratterizzato da lotte contro il demonio, Antonio si rinchiude in un sepolcro abbandonato, e lì gli appaiono forme di animali feroci che lo assalgono e tentano di spaventarlo per farlo fuggire dal deserto. Successivamente partì verso la montagna dove rimase per altri vent’anni.
Presto molti vollero imitare il suo genere di vita e si unirono a lui. Dopo una breve malattia, accortosi che partenza era vicina, chiamò i due discepoli che avevano vissuto con lui negli ultimi 15 anni e dettò il suo testamento spirituale: «Respirate sempre Cristo e abbiate fede in lui».
Dopo queste parole, morì il 17 gennaio 356. Il suo sepolcro fu scoperto solo nel 561 e le sue reliquie da Alessandria, dove erano state portate, passarono poi a Costantinopoli e da qui in Francia: dal 1491 riposano presso Arles.