Durante una festa ebraica annunciata dal plenilunio accade la liturgia del Salmo 81 (80), che si svolge come una liturgia. Risuona innanzitutto il primo comandamento, l’ascolto attento: Shemà, Israel! Il Salmista articola la sua omelia a partire dall’ascolto dell’unico YHWH. Tutto è rivolto al Signore, a Lui tende.

Di fronte a tale eloquenza risuona poi però la consapevolezza di un ascolto superficiale, evitato, tradito: Israele ha fatto orecchie da mercante e la sua testardaggine lo ha distratto dalla relazione vitale. Emerge infine un desiderio divino: il Signore è pronto ad ascoltare, e anzi non vede l’ora che il suo Popolo viva quella appassionata Parola. Essa attende una risposta di libertà che vincerà ostacoli, paure e diffidenze.

Popolo mio, ascolta il mio monito!
O Israele, se tu mi ascoltassi!
In mezzo a te non ci sia altro Dio,
tu non prostrarti a un dio straniero!
Sono io solo il Signore tuo Dio,
che dal paese d’Egitto ti trassi. […]

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Ma non mi diede ascolto il mio popolo,
no, Israele non volle obbedirmi,
lo l’ho lasciato al duro suo cuore,
che segua pure i suoi storti consigli!

Se mi ascoltasse il popolo mio,
se le mie vie seguisse Israele!
Piegherei subito i suoi nemici
e stenderei su di loro la mano.

«Dio, che rispetta la nostra libertà, accetta di farsi rifiutare. […] accetta di limitare la sua onnipotenza per essere ripagato con il nostro amore, non con la nostra sudditanza. […] Nonostante l’uomo rifiuti Dio, egli non può fare a meno degli uomini. […] Il salmista canta il Signore che sta attento a ogni cenno di ritorno per poter andare incontro al suo popolo e riabbracciarlo» (Vincenzo Paglia).

Fonte: Buttadentro, canale Telegram gestito da Piotr Zygulski

Foto di Joshua Lindsey da Pixabay