Componimento penitenziale per eccellenza, il Salmo 51 (50) è il celebre Miserere, messo in relazione al pentimento di David dopo aver mandato a morire Uria al fine di sottrargli la moglie Betsabea. È un testo che ha ispirato molti artisti e in particolare musicisti, toccati dalle potenti parole di conversione e purificazione.

È un’esperienza catartica: il penitente, nel riconoscere il peso del proprio errore che lo precede e sempre gli sta anche davanti, tutto rivolge a Elohim, l’unico al quale il grido del peccato che lo sommerge è in fondo indirizzato. In questa consapevolezza, il penitente scopre una via d’uscita: l’infinita tenerezza di Dio, capace di commuoversi visceralmente e così di estirpare ogni colpa del peccatore che, al pari della vittima, a Lui tutto si affida.

Pietà di me, o Dio, pietà
secondo la tua infinita tenerezza,
per quanto le viscere hai ricolme d’amore
cancella le mie infedeltà,
lavami e raschia via la mia colpa,
fammi mondo dal mio peccato.

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Le mie trasgressioni io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre davanti.
Contro te, contro te solo ho peccato,
quanto è male ai tuoi occhi ho commesso:

tu, sempre giusto nelle tue sentenze,
lascia parlare la tua pietà.
Ecco, nella colpa sono stato generato,
peccatore mi concepì mia madre. […]

Ridammi ancora gioia e letizia,
esultino le ossa che hai frantumate.
Distogli il tuo volto dal mio delitto,
dalle radici estirpa ogni colpa.

«Grazie, o Dio, per averci dato questa divina preghiera del Miserere, questo Miserere che è la nostra preghiera quotidiana… compendio di ogni nostra preghiera» (Charles de Foucauld).

Fonte: Buttadentro, canale Telegram gestito da Piotr Zygulski

Foto di Joshua Lindsey da Pixabay