Si è soliti sottolineare l’aspetto di incredulità nella vicenda di Tommaso. Ci sta. Ma c’è di più! Altrimenti non staremmo qui a festeggiarlo.
Nel caratterino di Tommaso c’è qualcosa di bello che sembra attirare gli interventi del Signore.
Tommaso non vuole accontentarsi del sentito dire. Tommaso vuole capire da sé, vedere da sé, toccare da sé. Ci ricorda un po’ la fede di Giacobbe, il quale sfida il Signore affinché sia con lui come è stato con Abramo ed Isacco. Giacobbe pone questa condizione per scegliere il Signore come suo Dio.
Questo atteggiamento può sembrare sfiducia diffidente o sfida temeraria. Ma c’è un altro modo per leggerlo: il desiderio di conoscere Colui in cui abbiamo posto la nostra fiducia. In fondo, è grazie a un atteggiamento così che Tommaso arriva a fare una delle confessioni le più forti e le più esplicite nei vangeli: «Mio Signore, mi Dio».
Fonte: il sito di Robert Cheaib oppure il suo canale Telegram
Docente di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.