Commentando questo passo del vangelo, sant’Agostino ne coglie tutta la portata Teologica, manifestando al suo uditorio la fede tanto minacciata da eresie ai suoi tempi. Riferendosi all’intento dei giudei di lapidare Gesù, nota che questi hanno capito ciò che gli eretici ariani non riuscivano a vedere, ovvero che Gesù stesse proclamando la propria divinità.
È commovente vedere come Agostino non si faccia scrupolo a portare il suo uditorio verso i meandri alti del ragionamento sulla fede e non si limita alle letture che nella nostra epoca vanno troppo di moda: la lettura moralizzante e/o la lettura affettiva poetica. Nei vangeli c’è ben di più di una manciata di istruzioni morali o una trafila di “belle parole” che fanno bene al pancino emotivo. Nei vangeli è annunciato che Gesù è Dio.
È annunciato che da noi è richiesta l’accoglienza della fede vera in Cristo vero uomo e vero Dio. Vi lascio allora con alcune delle domande provocatorie che Agostino lancia ai suoi ascoltatori: «Se si possono chiamare dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio, come può non essere Dio il Verbo stesso di Dio, che è presso il Padre? Se in virtù della parola di Dio gli uomini diventano dèi, dèi per partecipazione, non sarà Dio colui del quale essi sono partecipi? Se le luci illuminate sono dèi, non sarà Dio la luce che illumina?
Se al calore di questo fuoco salutare gli uomini diventano dèi, non sarà Dio la sorgente del loro calore?». E Agostino non lascia senza una parola concreta nemmeno noi, abituati a chiederci sempre: «ok, e cosa dice a me»: «Avvicinati alla luce e sarai illuminato e annoverato tra i figli di Dio; se ti allontani dalla luce, entri nell’oscurità e ti avvolgono le tenebre».
Fonte: il sito di Robert Cheaib oppure il suo canale Telegram
Docente di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.