Non posso parlare che per me quando dico che mi sento molto simile a Marta come ce la presenta questo vangelo. Marta qui fa professioni di fede importanti, che rimangono, però, per certi versi solo sulla lingua.
Confessa che il Padre esaudisce qualsiasi cosa che Gesù gli chiede, ma poi non riesce a collegare questa fede alla concretezza del fatto che Gesù può fare qualcosa per il fratello morto. E più avanti fa una solenne professione di fede: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo», ma subito dopo vacilla nella fede concreta quando il Signore comanda di muovere la pietra dalla tomba.
Mi sento simile a lei e penso che qualcuno di voi si rispecchia pure, perché anche io tante volte ho la fede teorica, astratta. In astratto tutto quadra, ma quando mi urto contro gli spigoli della vita, fatico a riconoscere il passo, la voce e la presenza del Signore.
È qui che serve la grazia della fede, che non ci deresponsabilizza, ma ci mette piuttosto dinanzi alla nostra responsabilità e ci invita a vagliare la nostra disponibilità.
Fonte: il sito di Robert Cheaib oppure il suo canale Telegram
Docente di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.