Fonte: il sito di Robert Cheaib oppure il libretto “Parola e Preghiera“.
Docente di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Le martellate della Parola nei giorni che seguono il Natale spogliano la festa di quel «falso rivestimento dolciastro che non le appartiene», per citare una felice espressione di papa Francesco. Simeone mette in chiaro che Gesù è venuto per un giudizio.
La sua persona stessa è uno spartiacque. Gesù stesso dirà nel vangelo di Giovanni che l’essenza del giudizio è questa: «la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie».
La prima lettura, infatti, ci insegna che la verità di Gesù si conosce solo se la si pratica. “Verità” nel cristianesimo è un nome dell’amore. Non un amore emozione, ma un amore persona. Dimora in Cristo, non chi vive di amore “telescopico” (ovvero dell’amore che ama solo i lontani, quelli che non stanno nei paraggi e quindi non danno un vero fastidio), ma chi dimora nell’amore concreto, pratico e contestualizzato.
Dimora in Gesù chi vive l’amore microscopico, che si concentra sulla realtà, «chi ama suo fratello» e dimora di conseguenza nella luce.