Fonte: il sito di Robert Cheaib oppure il libretto “Parola e Preghiera“.
Docente di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Abbiamo appena festeggiato il dolce Natale… Ed ecco già il martirio della fede. «Dai – ci verrebbe da esclamare – un po’ di pazienza. Un piccolo time out! Lasciateci sognare un po’!».
Sarebbe stato bello… Ma non sarebbe né vero né realistico. Il Natale è una festa dolce, ma è già commista col realismo che viviamo tutti. Realismo di un mondo inospitale verso l’Amore.
Espressione lapidaria che riassume, non soltanto ciò che abbiamo meditato nel Vangelo della mezzanotte del Natale, ma anche la continua inospitalità che Gesù si ritrova lungo tutto il suo ministero (e lungo tutta la storia).
La liturgia di oggi ci dice che la non accoglienza del Maestro accompagnerà anche i discepoli. Per questo siamo messi subito davanti alla realtà dei fatti. Siamo immediatamente messi a contatto con le parole di Gesù: «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome». La liturgia non ci guasta la festa, ci smonta semplicemente le illusioni.
Ci ricorda il prezzo del discepolato perché se non si ha un motivo per morire, non si ha un vero motivo per vivere.